La stesura della tesi – Spin-off

Dopo i due capitoli precedenti sulle avventure per trovare un relatore, si potrebbe pensare che ormai la vetta sia stata conquistata. Abbiamo un relatore! Fumata bianca per i nostri eroi!

Ebbene, no. Non funziona propriamente così.

Le prime settimane sono state caratterizzate da una sessione intensiva di colloqui, tutti della durata massima di tre minuti e svolti a distanza su Microsoft Teams. Il copione prevedeva che io scrivessi un messaggio nella chat alle ore 11, sperando che mi arrivasse una risposta nelle successive sei ore. Il più delle volte tale risposta era “Finisco con un suo collega, arrivo“. Al che già comprendi che in quei tre minuti c’è il rischio che neanche ti ascolti, perché intenta a leggere i messaggi dei suoi dieci laureandi disperati e a consultare le email. Dopo un tempo variabile dai 5 ai 500 minuti, ecco che arriva la chiamata su Teams: e suona il computer, suona il cellulare, suona il tablet, perché per l’ansia hai installato l’App in tutti i dispositivi funzionanti, roba che potresti rispondere e inquadrarti a mo’ di foto segnaletica da tutti e quattro i lati. Sfiga vuole che in quei pochi secondi tu ti fossi allontanata per bere dell’acqua, e devi fare uno scatto alla Usain Bolt per recuperare il primo dispositivo nel tuo raggio di corsa. La videochiamata comincia con i soliti convenevoli, Come sta? Bene, lei? Bene, mi dica. E da qui iniziano i tre minuti a disposizione per presentare il problema. La mia strategia è sempre stata quella di condividere lo schermo e costringerla a guardare i miei file. Strategia vincente, oserei dire, visto che sono probabilmente gli unici miei file che abbia mai letto.

Dopo un mese a parlare delle interviste e un altro mese a disquisire sul questionario, io accantono la tesi e lei accantona me. A luglio mi metto di buona lena a scrivere il primo capitolo, e glielo consegno via email i primi giorni del mese. Peccato che fosse appena tornata da un convegno improvvisato negli Stati Uniti, e dovesse ancora rispondere ai segnali di fumo dei laureandi di luglio, esauriti e con due giorni di tempo per depositare la tesi. Sarò stata sicuramente buttata nella cartella Spam. Il 31 agosto le consegno il primo e il secondo capitolo, e per tutta risposta mi arriva un’email automatica che mi invia a inoltrare nuovamente il messaggio al suo rientro dalle ferie. Obbedisco, conscia che le 754 email arrivate ad agosto sarebbero state efficaci quanto un messaggio in bottiglia partito dal mare di Riccione. Così mi scuso e invio i miei capitoli per la seconda volta l’1 settembre, a distanza di ventiquattr’ore, un po’ da ossessiva – compulsiva ma pur sempre in linea con le sue istruzioni.

Non ricevendo risposta, proseguo nella mia totale autogestione. Completo le mie analisi statistiche, e mi faccio prendere da alcuni dubbi. Che fare? Ma certo, chiediamo ricevimento! Facile, peccato che la pagina web riporti le seguenti informazioni: Per il mese di luglio il ricevimento si svolge solo su appuntamento via email. Venire a ricevimento è consigliato perché non mi è possibile rispondere in tempo all’elevato numero di email. Non è necessario alcun appuntamento all’interno dell’ora di ricevimento.

Okay.

Quindi sostanzialmente devo presentarmi al ricevimento perché non può rispondere alle email, ma per farlo devo chiedere un appuntamento via email che in realtà non serve. In effetti ha senso. Un genio del male. Meglio di un filtro avanzato della posta elettronica.

Faccio un tentativo e le scrivo un’email per chiedere un colloquio. Mi risponde, MIRACOLO!, tre giorni dopo, alle quattro del pomeriggio, invitandomi su Teams un’ora dopo. Come se nella sua testa io fossi rimasta lì per 72 ore, in posa da Buddha ad aspettare l’appuntamento. Banalmente, come se non c’avessi mai un cavolo da fare. Le rispondo a mia volta dicendo che non sarei riuscita ad essere presente, nemmeno se mi fossi fatta venire a prendere dal jet privato della Ferragni, e lei gentilmente sposta il mio ricevimento alla settimana successiva. Ma poteva andarmi peggio: ad un’amica è arrivata la convocazione per un colloquio alle 17… ed è arrivata alle 18 passate.

Nell’attesa ho deciso di ottimizzare i tempi e scrivere anche il terzo capitolo, sperando che i tre minuti di colloquio non mi facessero cestinare cinquanta pagine di lavoro. Il giorno prima le invio anche quest’ultimo capitolo, nell’illusione che lo avrebbe almeno aperto a pochi minuti dalla chiamata per ricordarsi l’argomento della mia tesi. E’ evidente che ciò non sia mai accaduto. Dopo i saluti di rito, ho condiviso il mio schermo per mostrarle le analisi, consapevole che delle trenta tabelle presenti sarebbe riuscita a leggere giusto il titolo, e ancora vanamente speranzosa che questo l’avrebbe incuriosita a tal punto da leggersi i miei capitoli. Concludo un ricevimento record di 5 minuti, da cui emerge che i miei capitoli non li ha nemmeno mai aperti:

  • Non sapeva che stile di citazione avessi usato
  • Non sapeva se le citazioni le avessi tradotte o lasciate in lingua originale
  • Non sapeva che avessi dato un titolo alle figure

Ma anche qui poteva andarmi peggio: con la stessa amica di cui sopra non si è ricordata nemmeno quali analisi le avesse suggerito di fare.

Mi porto a casa una veloce correzione sulle analisi e un’indicazione molto specifica e professionale su come trattare le citazioni letterali in inglese: “Le sbatta su Google Traduttore“. 250 euro per ottenere la certificazione Cambridge, e questo era il segreto?!

A quel punto mi rassegno, ringrazio e saluto. Il pomeriggio stesso mi adopero per sistemare il capitolo, assistita da mia madre in versione correttrice di bozze che si legge ben 120 pagine di tesi sui chatbot nel campo del management, come un romanzo del Commissario Montalbano. (In realtà voleva arrivare al capitolo dei ringraziamenti, ma è un dettaglio).

Com’è finita? Che ho inviato la tesi completa al solito indirizzo email, da cui probabilmente un gufo ruba tutti i miei documenti, visto che non ho ancora ricevuto una riga di correzione in tre mesi. Devo dedurre che sia magnificamente perfetta e degna di una pubblicazione autorale con annesso firmacopie in Piazza Maggiore a Bologna? O più probabilmente devo pensare che la tesi l’ho scritta per me stessa, perché diamine, quei chatbot mi hanno proprio entusiasmata, e non vedevo l’ora di leggermi 45 articoli sull’intelligenza artificiale e rompere i cabbasisi a 200 persone perché rispondessero al mio questionario!

Ah, la soddisfazione di vedere il frutto del proprio lavoro così apprezzato!

(E per l’appunto, è da più di una settimana che gli uffici devono ancora approvare la mia domanda di laurea…)

Qui i capitoli precedenti:

19 pensieri su “La stesura della tesi – Spin-off

  1. Capisco benissimo cosa provi e mi hai fatto ricordare questo calvario. Io di solito mando tutta la tesi completa per le correzioni ma effettivamente i professori spesso correggono le loro stesse correzioni e non rispondono mai con la dovuta precisione alle tue domande. È anche vero che nel mio caso era un argomento nuovo e il professore non sapeva come aiutarmi perché non era molto nelle sue competenze ma quando è arrivata la correlatrice mi stava prendendo male perché sembrava che non andasse bene niente e ovviamente non avevo tempo per rifare tutto. Per fortuna è andata bene e l’ultimo articolo che ho pubblicato lo dimostra. In bocca al lupo anche a te 🤞💪

  2. Ai miei tempi c’erano sempre lungaggini ed incomprensioni, ma con pazienza e con il caro vecchio supporto cartaceo si andava decisamente meglio.
    Niente zoo, niente mail, niente files… certamente c’erano intoppi, ma con i colloqui personali si trovava la soluzione ad ogni cosa.
    Ora, se non ti rispondono ad una mai, che fai?

  3. che cojoni oh xD
    io con la tesi ho avuto fortuna: mi ha messo con un suo collega (in pratica ha fatto da prestanome importante LOL) ed insieme erano abbastanza presenti; più che altro ho deciso di laurearmi nel periodo peggiore, per fortuna avevo praticamente finito gli esami e ho fatto tutto con ansia e velocità

    questo atteggiamento mi ricorda la prof di microbiologia per la relazione del suo lab: non lo avevamo svolto, ci aveva fornito lei il materiale teorico e i calcoli, con un suo video che spiegava
    il problema? nel video spiegava la parte di lab. E NOI CHE CRISTO SANTO DI CONTI DOVEVAMO FARE PER CALCOLARE COME CRESCEVA LA POPOLAZIONE STUDIATA??????

    e poi si è pure incazzata perke era bombardata di email da praticamente ciascun gruppo del lab
    ‘sta imbecille…

  4. Io continuo a pensare che sarebbe ormai l’ora di abolire la tesi, la maggioranza delle esperienze sono come questa. Tanta ansia e tanta fatica per qualcosa che tanto nessuno legge e leggerà mai…

    • Sono d’accordo, se ci fosse interesse sarebbe anche una bella conclusione del percorso, con una propria ricerca stampata.. ma a farla da soli tanto per fare si perde la motivazione

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