Gli orali sarebbero iniziati il 6 di luglio, i risultati degli scritti sarebbero rimasti un mistero fino ad allora. Ma il nostro professore ci lascia con una confessione. Ci sono tre persone della classe che possono puntare al 100: tra questi ci sono anch’io. Forse più di tutto è stato questo, è stato sentire che ho fatto degli scritti da paura, un quindici in prima prova, quasi m’importava solo di quello, un quattordici in matematica, e chi lo poteva immaginare, un quindici in terza prova, dopo un weekend trascorso sui libri, anche se l’ho già detto, lo so. È valso tutto. Leggere i risultati degli scritti è stata la liberazione più grande, e al tempo stesso una responsabilità piombata sulla mia schiena. Per l’orale ho studiato e non ho studiato, ho cercato di studiare ma ho cercato anche di uscire, di distrarmi, di suonare la chitarra sfogando la tensione, di fare qualsiasi cosa che non fosse restare china sui libri. Non sono la persona che si chiude in casa a studiare, non fa per me, ho bisogno di aria, ho bisogno di gente al mio fianco. Il mio orale era alle otto del mattino, ed io ho rischiato di arrivare in ritardo. Abitando a sei minuti dal liceo. Quando sono entrata nell’aula, il titolo della mia tesina già brillava dal proiettore, il presidente aspettava la mia firma, e il silenzio aspettava solo me. Non so descrivere che cosa sia successo, ma ho pensato di morire soffocata. Mi mancava il fiato, come se non riuscissi a respirare da persona normale, parlavo e non so da dove stesse uscendo la mia voce, guardavo le slide e ricordavo tutto, tutto quello che dovevo dire, come se stessi ripetendo ad un muro in camera mia. Poi mi sono accorta che il fiato tornava, a poco a poco, sempre di più. Quando ho finito di esporre, il presidente ha guardato il cronometro: c’ero. Non avevo superato i dodici minuti. Paradossalmente quando mi sono seduta è stato come tornare a vivere, tutto era più stretto, piccolo, familiare, con i banchi in cerchio ed io su di un lato. La professoressa di scienze mi ha sorriso, mi ha sorriso dall’inizio della tortura, ed é stata la prima a farmi le sue domande. Poi matematica, mi ha mostrato il mio compito, ho corretto i miei errori, perché li avevo studiati. Fisica, è stato forse il momento di maggior fortuna e gentilezza, lo dico, perché avrebbe potuto anche seppellirmi, ma non l’ha fatto. Ero sicura, ero sicura in storia, sulle vicende di Giolitti, in filosofia, su Berlin, Rawls e Nozick, poi è arrivato inglese, e quello, lo sapevo, è stato un cercare di nuotare in un oceano di onde. Forse il problema è che l’inglese lo so parlare poco, e non mi venivano le parole, non mi veniva niente che non fosse “nature, powerful, sublime”. Poi è giunto il momento di italiano, e non avrei quasi voluto smettere di parlare. Non mi va di sminuire, italiano lo sapevo, lo sapevo più di chiunque altro della classe, la sola materia che ho amato studiare e ripassare. Latino è passato, l’orale era quasi finito. Ho percorso la minuscola area per vedere la correzione delle prove, e il mio tema, quello del quindici quindicesimi. La professoressa non aveva quasi niente da dirmi, “Brava che hai mantenuto la metafora fino alla fine, hai tenuto la tensione, come vuole un articolo di giornale“. Ricordo le sue parole come se me le avesse appena dette. Ancora una volta mi importava solo di quello. Poi non so cosa sia successo, il presidente mi ha ripetuto “Si accomodi”, ed io non capivo, dove?, sulla sedia?, fuori dall’aula?, e nel mentre mi alzavo e mi risedevo come una trottola impazzita: sembravo matta. Il presidente mi ha chiesto che cosa avrei fatto dopo. “Economia”. Mi ha chiesto se fossi già entrata. “Si”. Risposte monosillabiche. Volevo uscire, solo quello. Quando ho varcato la porta della classe mi hanno abbracciata, non so chi, non so in quanti, ma ho cercato quel contatto, ho stretto forte quelle persone, ed è stato l’abbraccio più bello in cui ho nascosto la faccia. Ecco, del mio orale penso che ricorderò soprattutto questo. Il mio trionfo di amicizia. Perché in cinque anni di liceo ho conosciuto persone che mi hanno accompagnata in quella classe, e nonostante le loro ansie e le loro paure mi hanno fatta sentire grande, forte. È stato un abbraccio caldo e caotico che non dimenticherò mai. La mia tesina sul terremoto di Messina e Reggio del 1908 è rimasta nelle mani del presidente di commissione, con la speranza segreta che la legga. E chi lo sa come andrà a finire, con quale voto uscirò, con quale punteggio, con quale numero stampato su carta, ma penso che forse ho imparato, con un semplice orale di maturità, che ho coraggio. Ho più coraggio di quanto immaginassi. La vita te ne distribuisce ad ogni prova che superi, e ne ho raccolto, certo, in questo mese di giugno, tanto e tutto da mettere a frutto. È una maturità che penso vada oltre le conoscenze, oltre la tettonica a placche e i dipinti di Turner, oltre i punti angolosi e una versione di Seneca. È una maturità che possiamo trovare soltanto dentro noi stessi. Ed io l’ho trovata in quell’abbraccio, che mi ha fatto per un istante dimenticare di tutto, ero avvolta da un mantello di corpi vivi da stringere, come in un sogno talmente reale da sembrare impossibile, con mille profumi, mille temperature, la voglia di gridare e di lanciare lo zaino fuori dalla finestra. Una folle maturità. Ed io fui la prima matura della mia classe. La mia quinta I.
Dopo il mio orale, mi sono messa al servizio di chi me lo chiedeva. Come una professoressa, ho spiegato fisica e italiano a chi prendeva appunti su dei fogli. Non sono riuscita ad abbandonare nessuno. Ho accompagnato all’orale gli amici. Anche se avevo finito. Anche se ero libera. Il mio professore di storia e filosofia mi ha chiesto ridendo se mi facessi pagare. Ci mancherebbe. Le emozioni di quei giorni… chissà se le proverò mai una seconda volta. Nemmeno guardando gli altri ci sono riuscita.
La maturità è unica, e lo dico io che l’ho appena vissuta, e ogni tanto penso con ansia di dover studiare. La maturità va vissuta senza farsi sommergere, anche se non è facile, lo so, ma riesce a darti tanto in pochi giorni, tanto da assimilare, elaborare, sfruttare nel futuro. Forse proprio per questo si chiama maturità?
Brava Penny! Ti abbraccerei anche io se potessi. E’ così: la maturità è unica. Ti resta dentro.
Perdona ma ora vorrei permettermi una domanda (forse se avessero scavato un po’ di più con me non avrei scelto quella facoltà che con me non centra niente: il mio prof di italiano lo aveva capito ma non ha insistito. Io l’ho capito a distanza di anni e di qualche sofferenza)….dicevo ora vorrei permettermi una domanda: “Economia” sei convinta? (pausa) Davvero, Penny?
Grazie di cuore! Lo so, molti sono scettici riguardo alla mia scelta e lo capisco… anch’io se mi guardo da fuori, boh… non so cosa sia precisamente, non so esattamente cosa andrò a studiare, è una materia nuova come poteva esserlo psicologia o diritto o chissà che altro… sono convinta?, si lo sono, ho visto la facoltà di lettere e non mi è piaciuta, magari ci saranno momenti difficili ma in ogni percorso ce ne sono, mi sento di dire che per adesso ho voglia di scoprirla questa economia ecco 🙂
Bene, allora!
Bravissima cara Penny 😀 Leggendoti in questi giorni ho capito che hai molte doti ed economia mi stupisce, ma se sei convinta, provaci, buttati, impegnati. Non nasciamo con un solo talento.
Grazie, davvero! 😘 Lo so, in tanti si sono stupiti, e perfino io all’inizio non mi ci vedevo… in realtà è stato un insieme di ragionamenti, e dopo aver visto la facoltà di lettere mi sono convinta che non fosse la mia strada… non so esattamente cosa andrò a studiare, è una materia nuova come avrebbe potuto esserlo psicologia o diritto o chissà che altro, non so nemmeno se sia un talento, o solo un interesse personale… ma sono determinata a buttarmi :))
Grande Penny😘😘😘
Nn avevo dubbi! Nessuno. Che belle soddisfazioni!!
Grazie di cuore, davvero! 😘😘
🙂 🙂 🙂
Trovo il tuo resoconto di una bellezza unica, Penny, anche perché mi hai fatto rivivere quei momenti che, infondo, furono bellissimi.
Anche noi ci aiutammo, ci incoraggiammo, ci abbracciammo.
Sfortuna volle che io ebbi l’orale per ultimo (19 luglio), mentre tu hai potuto aiutare i compagni con maggiore leggerezza.
Brava
Grazie mille, davvero! Eh il 19 luglio… non male 😅
Un bellissimo racconto 🙂
Ricordo ancora quel giorno di 5 anni fa e il ritorno a casa successivo, non riuscivo a smettere di sorridere!
Grazie! Ho voluto condividerlo perché certi ricordi sono assolutamente unici :))