Le cose semplici che ti fanno piacere

Io sono solita maledire gli autobus, ci salgo malvolentieri, vorrei sterminare tutti i restanti passeggeri, e tante volte li ho letteralmente mandati a quel paese. Ma oggi vi ho respirato un’aria diversa. Sarà stato un caso, o il fato che ha deciso di mandarmi un segnale, sta di fatto che ho assistito ad una bella scena. Non aspettatevi un evento epocale, è stato qualcosa di semplicissimo, e forse qualcuno mi dirà: embè, quindi?

Un signore anziano, una ragazza sarda e una donna inglese hanno cominciato a chiacchierare. Così, dal nulla. Il signore era incuriosito dai piercing della giovane, lei ha spiegato che non se li toglie mai, e la donna ha raccontato che anche sua cognata ne aveva uno. Da qui hanno proseguito, hanno parlato della lingua inglese, del cibo tipico bolognese, di cucina, di viaggi, un accenno vago alla politica, di figli. Tre sconosciuti che per una buona mezz’ora mi sono sembrati amici di vecchia data. E ridevano, si confrontavano, scherzavano, come se si conoscessero da una vita. Tre generazioni apparentemente distanti, eppure così coinvolte nella conversazione, così disposte a condividere quel tempo insieme, su di un autobus pieno di gente e totalmente scomodo. Nessun cellulare, nessun auricolare, solo tre persone qualsiasi che si sono ritrovate accanto, e hanno deciso di cogliere l’occasione per raccontare qualcosa di sè. Probabilmente ho sorriso per tutto il viaggio in autobus, e nel mentre ascoltavo i loro racconti, le loro risate all’unisono, e l’anziano curioso di conoscere i giovani d’oggi, la vita lontano dall’Italia, le altre culture, sembrava un bimbo con tante domande in testa. La ragazza avrà avuto circa la mia età, un accento sardo percettibile, una ciocca viola e il piercing al naso, ma indossava un sorriso sincero in volto, e quella parlantina che in pochi mostrano con gli sconosciuti. La donna inglese conservava ancora la sua originale cadenza, ma parlava un italiano fluido, ed emanava una sorta di gratitudine per essere stata coinvolta in una conversazione così piacevole. Non è da tutti, io stessa non so se ne sarei stata capace.

È che… è raro. Siamo sempre così di fretta, così scontrosi, impegnati a correre, rispondere alle telefonate, raggiungere il negozio prima che chiuda, non ci fermiamo mai a guardarci intorno, non togliamo mai le cuffiette dalle orecchie o gli occhiali da sole. Sull’autobus tutti sbuffano, spingono, si lamentano, gridano, picchiano sulle porte, lottano per l’ultimo posto a sedere. E per me è stata un’immagine surreale, come se fosse talmente assurdo da non crederlo possibile. Mi sono resa conto di quanto certe azioni comuni, semplicissime, acquistino un valore speciale quando nessuno le compie più. Ti ridanno speranza, fiducia nel futuro, gioia. Tre mondi diversissimi capaci di dialogare, senza discutere, senza farsi la guerra, senza pretendere di essere i migliori. Mentre i capi politici spendono mesi a litigare per una virgola su un foglio di carta, loro raccontano i propri aneddoti di famiglia, i racconti dei nonni e le proprie tradizioni. Non sembra forse un miracolo? Non sarebbe bello vederlo tutti i giorni, insegnarlo ai bambini, poter vivere di condivisione senza temere gli esteanei, gli sconosciuti, gli altri? Non renderebbe il mondo un posto migliore?

Ogni mattina salgo sull’autobus convinta di dover difendere il mio spazio vitale, chiedere permesso dieci volte per poter scendere, sbracciarmi per riuuscire a timbrare il biglietto. Ogni mattina salgo sull’autobus con gli auricolari e la musica ad alto volume, quasi da non sentire se qualcuno mi dovesse chiamare. Attorno a me sono tutti chiusi nei propri mondi, chi con un libro, con con lo sguardo sul cellulare, chi impegnato in una telefonata. L’autobus è un luogo triste, paradossalmente silenzioso, o forse semplicemente rumoroso. Ma questa mattina tre persone hanno deciso di rompere quel silenzio, e mi hanno fatto capire quanto sia importante parlarsi, a prescindere dalle proprie paure, dai pregiudizi, e dalle idee comuni. Mi hanno fatto rendere conto di quanto a volte ci si perda pezzi di mondo, solo perché siamo di fretta o non abbiamo voglia di sollevare lo sguardo, futili motivi che usiamo spesso come scuse, e invece… Ne vale la pena. Vivere ne vale la pena.

Proprio mentre l’Inghilterra è in procinto di lasciare l’Unione Europea, quella donna inglese, che vive in Italia da anni, si dichiara estranea a tutto questo: saremo sempre noi. Sì, saremo sempre noi. Persone comuni che credono nell’integrazione, nel confronto civile tra le culture, nel dialogo, nella pace. Fiera di esserlo, e da oggi ho deciso di farmi una promessa: voglio provare a salire sull’autobus senza gli auricolari. Anche solo una volta, per provare. Voglio salirci e vedere, sentire, vivere tutto. Se non ci si prova, poi ci si può pentire.

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