Once upon a time

Non si è mai troppo grandi per le favole, giusto? Detto da una che va ancora al cinema a vedere i classici Disney con le amiche… Questa serie tv fa decisamente per me, ma non solo. Di sicuro non fa per mio padre, che ha dormito un’intera stagione prima di chiedermi con cortesia di non monopolizzare la televisione per guardarla insieme a lui. Non fa nemmeno per mia madre, che i fantasy non li può proprio sopportare. In realtà mi ha stupita, perché non avevo idea di che cosa trattasse, non sapevo niente, né dei personaggi, né della storia, né di quanto lunga fosse e di quanto ci si potesse affezionare. Me la sono guardata da sola, a piccole dosi, perché una stagione di ventiquattro episodi non è subito facile da affrontare, e quando le stagioni iniziano a diventare sette voi capirete che bisogna andarci piano.

“Once upon a time”, letteralmente “C’era una volta”. Una serie tv che riesce a dare voce ai personaggi delle fiabe più famose, riscrivendo da capo le loro storie e proiettandole contemporaneamente in una moderna cittadina americana del Maine, la fittizia Storybrooke. Le avventure hanno inizio con l’arrivo in città di Emma Swan, che il piccolo Henry riconosce come l’unica salvatrice, la sola a poter riportare a Storybrooke i ricordi delle loro vite passate, messe per iscritto in un misterioso libro incantato. Lo so, detta così sembra, perdonatemi il termine, un po’ una cavolata. E invece sono proprio quelle storie passate che, snocciolate episodio dopo episodio, fanno entrare in contatto con ciascun personaggio, spesso uno per volta, come se si fossero messi in fila per raccontarci la propria fiaba. Così viene approfondito il legame tra Biancaneve e il Principe Azzurro, tra la Regina Cattiva e Robin Hood, si scopre il passato di Emma, una splendida variante della favola di Cappuccetto Rosso, le avventure di Capitan Uncino, il vero volto di Tremotino, e potrei andare avanti ancora, perché i personaggi che gli autori riescono a inserire nello spettacolo non si contano su due mani. Sono come tanti sassolini che vanno a formare una lunga strada, e nel corso delle sette stagioni si arrivano a comprendere anche i comportamenti più assurdi, le divergenze tra sorelle, gli odi rimasti irrisolti, i sentimenti celati dietro qualche maschera. In “Once upon a time” niente è come sembra. Nemmeno la magia, che inevitabilmente ne fa da padrona. Eppure insieme alla magia si snodano amori normali, abitudini quotidiane, la colazione con i pancake o le lezioni a scuola, giornate qualunque che anche in una città immaginaria come Storybrooke riescono a dare consistenza ai personaggi. Sono persone vere, persone vere prima che ologrammi o schizzi su qualche libro. Il piccolo Henry è la chiave, il figlio adottivo della Regina Cattiva, il primo a credere all’esistenza della magia e alla possibilità di cambiare le cose. E’ lui il primo ad avere fiducia nel lieto fine, quel lieto fine che ad ogni finale di stagione sembra sfuggire, perché qualcosa piomba all’improvviso a stravolgere ogni equilibrio. Del resto, non sarebbe “Once upon a time”. La Regina Cattiva è invece il volto su cui si concentra il significato più profondo dell’intera serie. Perché nasce come personaggio perfido, nelle favole e nella vita reale, nasce come personaggio temuto e senza legami, personaggio solo, affamato di potere e incapace di provare sentimenti veri. Ma con il tempo impara a riconoscere e ad ammettere le proprie emozioni, riesce a costruire dei rapporti sinceri con gli altri, riveste il ruolo di madre come non aveva mai fatto prima, perché nascondeva il proprio timore di perdere Henry dietro una maschera di severità e durezza. Regina è il personaggio iconico della serie, analizzato sotto i punti di vista più diversi, dal suo rapporto malato con la madre Cora alla sua gelosia per Biancaneve, dalle origini del suo odio per Emma ai legami con Tremotino, il suo passato dà una spiegazione al suo futuro, delineando un personaggio che è molto più umano e vicino alla realtà di quanto non si possa pensare. Perché in fondo non sono solo favole campate in aria, ed Emma Swan ne è la prova. Lei nel mondo reale ci è cresciuta, sin da piccola, e lì ha costruito ventotto anni di vita, si è sposata, ha avuto le sue amicizie, ha fatto degli errori che le sono costati cari, ma non ha mai guardato oltre. Fino al suo primo incontro con Henry. Emma è il simbolo di un’intera schiera di persone un po’ cresciute, che fanno fatica ad avvicinarsi al mondo incantato delle favole. Persone che preferiscono i bei romanzi d’autore, ma forse non ricordano nemmeno la vera storia di Biancaneve. Persone che hanno relegato le favole al solo mondo dei bambini, e che compiuta la maggiore età si vergognano di avvicinarsi a quei vecchi libri, con le figure in ogni pagina e poche parole. Emma rappresenta tutti coloro che non credono finché non vedono, che si definiscono infinitamente razionali soltanto perché fuggono dai propri stessi sentimenti. E poi c’è il lieto fine. Quello che sembra irraggiungibile, il vero e ultimo obiettivo che tutti in segreto cercano di raggiungere, senza riuscirci mai. Spesso Regina si domanda se anche lei possa meritarsi un lieto fine. Si domanda se anche le persone che sono state cattive possano meritare un lieto fine. Si domanda se gli errori del passato possano essere cancellati. E la risposta è che no, non possono essere cancellati, ma si può sempre rimediare. Tutti hanno commesso dei terribili sbagli, tutti hanno fatto del male a delle persone, tutti, consapevoli o ancora convinti di non aver avuto altra scelta. La verità è che esiste sempre una scelta, ma è nella natura umana sbagliare. Emma, Regina, Capitan Uncino, Tremotino, tutti compiono a piccoli passi il proprio percorso di redenzione. E lo meritano, il lieto fine. Perché anche se non sono sempre degli eroi, anche se hanno delle debolezze che la magia non può colmare, tutti meritano un po’ di felicità.

E così credo finisca “Once upon a time”. Non lo so, non ho ancora visto l’ultima stagione. Ho solo letto qualche spoiler del finale, perché non riesco a resistervi. Ma se avete voglia e un po’ di pazienza, se non vi addormentate sul divano o cambiate stanza dopo i primi ventiquattro episodi, forse arriverete in fondo all’ultima stagione, e vi sarete allora affezionati al mondo delle favole di Storybrooke come quando eravate bambini.

Nota a margine: i costumi di scena sono una meraviglia, abiti che sembrano pronti per un’esposizione in un museo, tagliati su misura per ciascun personaggio, in linea con le loro personalità, ricercati anche nei più piccoli dettagli e mai messi a caso, ti catturano nel loro mondo e lo rendono più concreto di quanto non lo sembri già. Ti fanno quasi desiderare di indossarli, così, una mattina per andare al lavoro. E vi assicuro che non sarebbe proprio una cosa normale.

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13 pensieri su “Once upon a time

  1. Da come sono i miei gusti potrei adorarla o odiarla! 😂
    È tra quelle che mi dico sempre di voler provare almeno… Mi hai dato lo spunto 😄
    Anch’io adoro le fiabe in ogni salsa, solo che non sempre mi piacciono le fiabe classiche modernizzate, mentre i remake in generale eccome… Vedremo!

  2. Credo di aver visto le prime 2 stagioni quando uscirono e le mandarono su FOX. La prima stagione mi è piaciuta molto, ammetto di aver pensato che forse sarebbe stato meglio chiuderla lì perché la trama principale aveva raggiunto la sua fine. Mi ricordo di come mi fosse sembrata originale, rivisitando storie classiche che ci hanno accompagnato da bambini e rendendole un po’ più dark nel mondo reale.

    Concordo sui vestiti, sono sempre stati notevoli in ogni puntata, non sembravano dei brutti cosplayer ecco 😂

    • Si la prima stagione penso sia la più bella, o comunque le prime. Fa parte di quelle serie che sono state portate avanti perché al pubblico piaceva, fortunatamente con delle buone idee, ma è sempre rischioso insistere.. I vestiti sono stati un punto di forza 😄

  3. Qualche anno fa anche io iniziai questa serie tv con mia madre. Le prime stagioni molto belle, avvincenti, mi entusiasmava l’idea. Poi le puntate hanno iniziato a farsi tutte uguali, le trame un po’ banali e credo che si sia voluta tirare un po’ troppo per le lunghe una serie tv che aveva già dato tanto. Buona visione dell’ultima stagione ( anche se, secondo il mio modesto parere, non merita molto)

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