Svegliati amore mio, una miniserie che racconta la verità

Svegliati amore mio - Le madri d'acciaio - YouTube

Una storia di amore e di coraggio. Il racconto romanzato della verità. “Svegliati amore mio” è un piccolo gioiellino, una miniserie di tre puntate sui danni causati dalle acciaierie. Una bravissima Sabrina Ferilli indossa i panni di Nanà Santoro, moglie di Sergio e madre della piccola Sara. E’ una donna forte e combattiva, piena d’amore, che si ritrova a fare i conti con il proprio passato, e a mettere in discussione tutto quello in cui ha sempre creduto. Quando Sara scompare sotto l’acqua della piscina, Nanà non può immaginare quello che di lì a poco dovrà ascoltare: sua figlia ha la leucemia. Come si può accettare? Come si fa a dire a una ragazzina che non potrà tornare a casa? Che dovrà restare in ospedale? O che potrebbe morire? Il dolore di Sara è raccontato con lo sguardo puro dei bambini, come Lorenzo, che tra le mura fredde dell’ospedale riesce a trovare il sorriso, la gioia, e la speranza in un futuro che non gli è garantito. Sara e Lorenzo sono il simbolo di tutti i bambini malati di cancro, con i sogni ancora nel cassetto e la forza che a volte manca ai genitori. Sono quelli che corrono sotto la pioggia, che rubano le merendine, e che si vedono di nascosto quando dovrebbero dormire. Sono due ragazzini che stanno vivendo il primo amore, consapevoli che ogni minuto potrebbe essere l’ultimo, ogni occasione potrebbe non tornare.

Eppure, fuori da quell’ospedale, sotto una nube rossiccia di polveri tossiche, Nanà combatte un’altra battaglia. Quella delle madri d’acciaio, che hanno perso dei figli o li hanno visti stare male, ma non hanno il coraggio di parlare. I loro mariti lavorano alla Ghisel, l’acciaieria che tutto promette e tutto toglie, un mostro di fuoco che inquina e colora il vento di rosso. Anche Sergio lavora lì, e ogni sera porta a casa una tuta sporca di polvere da lavare. Ma è difficile accettare che il tuo lavoro, quello a cui hai dedicato l’intera tua vita, sia la causa della malattia di tua figlia, e di tanti altri bambini come lei. E’ la dottoressa Placido la prima a confermarlo. Pagine e pagine di studi scientifici, di nomi e vite spezzate troppo presto, nascosti in un cassetto perché nessuno sarebbe disposto ad ascoltare. E pian piano si scopre che la Ghisel non è soltanto l’acciaieria. La Ghisel è il quartiere Ferraccio, costruito per dare alloggio alle famiglie degli operai. La Ghisel è il direttore del giornale, che licenzia chi vorrebbe denunciare la fabbrica. La Ghisel è il direttore sanitario dell’ospedale Santa Lucia, che costringe alla chiusura l’ambulatorio del Ferraccio. La Ghisel è perfino il parroco della chiesa, che benedice le bare bianche con il peso della verità nel cuore. La Ghisel ha comprato il silenzio di chi ci lavora, promettendo un futuro brillante e un posto sicuro.

Non c’è manutenzione, alla Ghisel. Non c’è sicurezza. Per risparmiare si lasciano pannelli ormai usurati. E Sergio Santoro lo sa bene. E’ per questo che gli viene negato il posto di capo-servizio della manutenzione. Al suo posto viene scelto Domenico, vecchio amico di Sergio ed ex fidanzato di Nanà. Domenico è un personaggio chiave, che mostra la fragilità umana in tutte le sue sfumature, e i sentimenti nobili schiacciati dalla paura di essere troppo deboli. La sua ossessione morbosa per Nanà, la sua gelosia per Sergio, e l’incapacità di scegliere tra la carriera alla Ghisel e la verità. E’ un personaggio che lo spettatore finisce per odiare, non è perfetto, ma dietro un suo ultimo gesto c’è tutta la disperazione per l’uomo che non è riuscito ad essere, e per quello che invece vorrebbe diventare.

Poi c’è Stefano Roversi, il giornalista. Quello che di cui le madri d’acciaio hanno paura, perché la verità non si deve raccontare, perché i mariti potrebbero perdere il lavoro, perché tanto non cambierebbe niente, perchè la Ghisel è in ogni angolo in cui si cammina. Ma c’è qualcosa che le accomuna tutte: il dolore. Perché la scomparsa di un figlio non si può dimenticare, non è una ferita che può guarire, e nei loro occhi ci sarà sempre l’immagine di quella vita portata via. Il dolore è più forte di qualsiasi paura, della rabbia, della disillusione e dello sconforto. E’ un dolore pieno d’amore, e quel dolore diventa la loro forza e il loro coraggio. Davanti alla Ghisel si schierano madri e bambini, al grido di “Noi vogliamo vivere”, mentre la sala riunioni accoglie una delegazione del governo pronta a firmare per finanziare l’acciaieria. Sembra scontato poter dire chi vincerà.

Ma forse non è davvero così. Perché la Ghisel non è solo un’invenzione di una serie televisiva. E le storie di Nanà, di Sara, di Sergio, di Domenico, e di tutte le madre d’acciaio, sono storie che potrebbero essere accadute ieri, perché le battaglie contro le polveri delle acciaierie non sono ancora state vinte.

Basta guardare all’ex-ILVA, oggi ArcelorMittal. Riccardo Cristello, tecnico di controllo costi da ventun anni, ha condiviso un post su Facebook invitando a guardare la serie TV, e dopo una sospensione è stato licenziato “per giusta causa”. Altri operai hanno ricevuto sospensioni di cinque giorni per lo stesso motivo. E allora uno si chiede: servirà mai a qualcosa? Quelle madri vinceranno mai davvero? Basterà davvero la verità a combattere contro il profitto? Nanà ci direbbe che sì, basterà, e forse le cose non cambieranno domani, o dopodomani, ma non bisogna smettere di crederci, di lottare per il diritto alla vita, perché i nostri figli, tutti i nostri figli, meritano di poter crescere sani, di inseguire i propri sogni in una terra fertile, e di vedere attorno a sé un mondo migliore. Lo dobbiamo a loro. Lo dobbiamo al nostro futuro.

Un immenso applauso a Sabrina Ferilli, che si è offerta di sostenere le spese legali dell’operaio licenziato, e che si è rivelata essere ancora una volta una grande attrice, ma soprattutto una grande donna.

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2 pensieri su “Svegliati amore mio, una miniserie che racconta la verità

  1. Hanno barattato i posti di lavoro con la salute pubblica.
    E gli enti di controllo non hanno controllato.
    Un dramma di una provincia intera, combattuta tra il vivere (il posto di lavoro serve per poter mangiare) ed il morire (a causa delle particelle inquinanti).

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