Vorrei che fosse il primo

Mi capitano spesso, su Linkedin, quei lunghi post autocelebrativi, o quei racconti di superdonne che in sei mesi hanno compiuto la scalata sociale.
Non penso che ne scriverò mai uno simile.
La verità?
Sto imparando. Si impara sempre.
Si impara ogni giorno, dalle esperienze che scegliamo e da quelle che capitano.
Si impara a non affannarsi, a non sedersi in attesa, per stare al passo degli altri.
Si impara anche ad ascoltare. E ad ascoltarsi.
Si impara ad accettarsi.
Si impara a non essere perfetti, a non aspirare alla perfezione.
A rispettarsi.
Si impara, e a volte ci si dimentica la lezione.
Succede.
Ci si perdona.
È questa l’immagine più veritiera da raccontare.
Nessuna corsa, nessuna medaglia, nessuna resa.
Solo una lezione che riparte sempre dalla pagina uno del manuale.

11 pensieri su “Vorrei che fosse il primo

  1. Mi piace quello che scrivi e sono d’accordo con te.

    Nella mia piccola esperienza, con rammarico noto che spesso “fanno strada” coloro che invece si auto-celebrano molto e si vendono come fenomeni.

    Anche in questo credo dunque che sia importante trovare l’equilibrio: deve esserci la sostanza, ma c’è bisogno di curare anche la forma.
    Altrimenti potresti essere la più brava del mondo ma se non lo comunichi adeguatamente non lo saprà nessuno!

    A presto!

    • Verissimo, ed estende il discorso tanto che se ne potrebbero scrivere pagine. Penso a quanto in fondo siano costruiti i colloqui lavorativi, e quanto ci impegnamo per rendere al meglio quella forma. In un certo senso lo facciamo già, nelle occasioni importanti, ma al tempo stesso credo che una buona costruzione debba sempre partire da una presa di coscienza di sé

      • Mi capita di dare una mano per fare alcuni colloqui tecnici (dare un parere sulla competenza vera dunque sulla sostanza) ed è così.
        Alcuni sono impeccabili nel presentarsi, ma cadono alla prima domanda tecnica.
        Altri, a cui non daresti un soldo di fiducia, rispondono perfettamente.
        Non è sempre così, ma mi è capitato spesso.

        Se non interpreto male la seconda parte del tuo pensiero, penso che conoscere se stessi (punti di forza e di debolezza) sia fondamentale per dirigere le energie verso il miglioramento delle parti dove siamo meno “forti”

  2. Un discorso davvero meritevole.
    Purtroppo la società ci mette tutti in competizione, e spesso sono proprio le famiglie a mettere nei figli una sorta di obbligo di riuscita, come riscatto sociale o laurea da sbandierare.
    Io sono stato fortunato: mai pressioni da parte della famiglia, mai rincorse con me stesso o contro gli altri. Ma mi rendo conto che spesso non è così: non è l’Università a rovinare la vita di questi studenti, ma le pressioni cui loro sono stati sottoposti.

    • Esatto, mi sono resa conto di essere stata tanto fortunata anch’io, ho fatto il mio percorso, accettato e talvolta rifiutato qualche voto, ma ho sempre deciso per me, non per i miei genitori o per competere con i compagni. Un modo di vivere l’università che credevo scontato e invece non lo è

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.