A te, che hai lasciato i sogni nel bagno dell’università

Ciao. Ti chiedo scusa se mi permetto di scriverti, ma pensavo che forse, in qualche modo, le nostre parole potessero darti conforto, dovunque tu sia. Non ti consocevo, e tu non conoscevi me. Ma da questa mattina tutti sembrano pensare a te, senza nemmeno fare il tuo nome, piazzandoti al centro di una polemica che non è nuova per nessuno. Ma non voglio parlare di questo. Non voglio arrabbiarmi per l’ennesima vita strappata via. Avevamo un’età simile, probabilmente gli stessi sogni, le stesse aspirazioni, la stessa curiosità, gli stessi ideali. Oppure no, magari eravamo diverse, ma impegnate nella stessa corsa verso il futuro. Non lo posso sapere, non lo sapremo mai. Ti hanno trovata riversa nel bagno della tua facoltà, con una sciarpa al collo, con gli occhi chiusi. Potevi dormire. Potevi esserti sentita male. Potevi aver voluto fare un brutto scherzo. Tutto sarebbe stato meglio di questo. E invece, a diciannove anni, probabilmente hai pensato che non ce l’avresti fatta. Eppure dicono tutti che l’università sia il periodo più bello della nostra vita… Certo, dipende. Dipende da tante cose. Dalla città, dai professori, dai compagni, da quel clima competitivo che a volte ti schiaccia, e da quelle fragilità che a volte ti spezzano. In tanti, adesso, fanno a gara per trovare un colpevole. Ma io non credo che sia soltanto uno. Forse perché il tuo nome si aggiunge ad una lunga lista, forse perché un vero colpevole non è stato trovato mai, o forse semplicemente perché il dolore copre ogni cosa, e la rabbia che ci unisce non può costurire niente di duraturo. E allora a che pro riempirti di messaggi, prendersela con lo stato, lamentarsi dell’università? La verità è che ogni volta si ripete lo stesso copione, ma nessuno è riuscito a salvarti, nessuno è riuscito a toglierti quella sciarpa dalle mani, e il senso di colpa verrà chiuso in un cassetto per poter affrontare il domani. Per chi ti voleva bene sarà una ferita inguaribile, per chi ti conosceva sarà un peso schiacciante, e per tutti noi, che leggiamo la tua storia sui quotidiani, sarà un ennesimo nome celato, fatto a coriandoli a pochi giorni da Carnevale. Non posso dirti che ti capisco, perché sono stata più fortunata, e non riesco nemmeno a immaginare quale incubo tu stessi vivendo, tra i corridoi affollati di ragazzi, in cerca dei sogni smarriti sul pavimento. Ma di una cosa sono certa: non te lo meritavi. Perché a diciannove anni si dovrebbe ridere, andare a lezione, studiare con i compagni, superare un esame dopo l’altro, poi scrivere la tesi, cercare l’abito per la laurea, e indossare la corona d’alloro davanti ai parenti commossi. Questo si merita una studentessa di diciannove anni. Si merita di raggiungere i propri traguardi, di essere fiera dei propri voti, di non vergognarsi mai, nemmeno per le bocciature, e di vedere dietro ogni numero il frutto del proprio impegno, con orgoglio e determinazione, in una corsa verso il futuro. Invece il tuo futuro è finito in quel bagno, nel silenzio delle pareti bianche, senza nemmeno un sorriso. Chissà se incontrerai chi sarà in grado di capire. Tutti quei ragazzi volati via prima di te, incapaci di affrontare i sensi di colpa, vittime di quelle bugie sfuggite di mano, di esami inventati e sedute di laurea immaginarie. Chissà se loro sapranno darti il conforto che noi non siamo riusciti a offrirti. Chissà se con loro parlerai, spiegando cosa ti abbia spinto a rinunciare a tutto, buttando via l’opportunità di cambiare le cose, dimenticando chi avrebbe potuto tenderti una mano, se solo tu l’avessi chiesta… Chissà se d’ora in poi starete insieme, per una volta felici, liberi dalle paure, uniti da un’età che era tutta da costruire. Ma voglio farti una promessa. Voglio farla a tutti. Non sarete mai dimenticati. Non resterete inascoltati. I vostri silenzi riempiono l’aria di grida di aiuto, che nessuno è stato in grado di ascoltare. E non so quanto tempo ci vorrà, quanti sacrifici dovranno ancora prenderci a schiaffi, quante pagine di giornale verranno riempite di cordoglio e dolore, ma questo mondo, io spero, un giorno cambierà. Nessun ragazzo sarà più solo, chiuso nella propria insicurezza, spintonato da un ambiente che calpesta le debolezze. Voglio crederci, perché a diciannove anni è questo che si dovrebbe fare. Sognare un mondo migliore. E nessuno riuscirà a cancellarlo, perché lo sogneremo insieme, finché qualcuno un giorno dirà: ecco, oggi forse sarebbe felice anche lei.

14 pensieri su “A te, che hai lasciato i sogni nel bagno dell’università

  1. Questa è la società della performance, dove non siamo più esseri umani ma progetti.
    Anime particolarmente sensibili non riescono a reggere questa follia e crollano…
    Mi dispiace moltissimo per questa ragazza.

    Lei hai scritto una lettera stupenda.

  2. “ho fallito”

    Davvero incredibile.
    Per farla finita probabilmente aveva dietro pressioni che non ha saputo sostenere.
    laurearsi non è un obbligo, moltissimi studenti non arrivano al traguardo finale, ma questo non è da vedere come una sconfitta: probabilmente non erano adatti al percorso di studio, oppure avevano maggiore predisposizione per trovarsi un lavoro. Mio figlio stesso non si è neppure iscritto alla Università: mica è un errore, mica è un fallimento.

    Credo che tutto dipenda dalle aspettative che gli altri le hanno fatto pesare.

    • Infatti, come non è un fallimento metterci più tempo, fare più fatica, lasciare indietro un esame ostico. Ognuno procede al suo passo, ci sono studenti che lavorano, studenti che devono mantenersi, studenti che per un qualunque motivo non si laureano in corso, eppure non è certo un fallimento. Purtroppo l’ambiente universitario è variegato, e in alcuni casi più competitivo e massacrante degli altri

  3. Mi ripropngono questa notizia un po’ ovunque in queste ore e giuro non la posso più sentire…mi fa stare male pensare che si possa arrivare a tanto, che possa crescere dentro un malessere tale da pensare “meglio morire che sopportare un fallimento”

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