Ora che la mia corona d’alloro giace appesa al muro della mia stanza, è troppo difficile recuperare quelle antiche sensazioni e scriverle con sincerità. Sarebbe più un ricordo che una vera emozione, così di tutte quelle bozze incompiute non restano che frammenti di righe, scritte di getto in momenti qualunque della mia giornata, con la promessa vana di continuare raccogliendo di nuovo l’ispirazione. Non è successo, e non riesco a trovarla adesso, tra i vecchi appunti e i libri incastrati nella libreria.
La verità è che non so se voglio davvero finirle. In fondo mi piacciono anche così, come fiori recisi e raccolti in un vaso, con i propri colori un po’ più sbiaditi, ma una bella storia di raccontare. E a una settimana dal grande giorno, è tempo di tirarli fuori.
Come si fa a calmare i nervi quando potresti rompere anche una lastra di marmo? Le persone che sembrano calme e pacate hanno questo difetto: accumulano una dose esagerata di rabbia, passano sopra ad un numero spropositato di torti, e poi esplodono per la più piccola sciocchezza. E come si fa a calmarsi, quando quello che vorresti fare è solo mollare tutto e chiuderti in una cantina, tirare pugni ai muri e rompere bottiglie di vetro. Vorresti solo compiere uno sforzo fisico, correre lungo una strada dritta e perdere il fiato, lasciare a terra la borsa, il cellulare, la giacca pesante, tutto quanto, e lanciarti a rincorrere un orizzonte irraggiungibile fino a stramazzare su un prato. A chi non fa sport basta poco. Anche una bicicletta su cui pedalare su per una salita, che forse in una situazione di calma ti avrebbe semplicemente fatto scendere e tornare indietro. Oppure basta lanciare cose. Tutto diventa una possibile vittima, i pupazzi sul letto, i libri, le matite, i gingilli di poco valore che quando sbattono sul muro fanno TOC. La lucidità che permane anche al culmine della rabbia protegge tutto ciò che è fragile, costoso, caro, il cellulare, il computer, la collana chiusa sul collo.
Senza titolo – 6 luglio 2019
Già mi si drizzano i capelli in perpendicolare, come se una calamita cercasse di estirparmi il cuoio capelluto. Gli occhi tremanti di rabbia, le dita in fibrillazione, e un ruggito da toro infuriato completano il quadro. Poi mi sorge spontanea la domanda: sarà morto? Magari è deceduto dopo aver letto il mio messaggio, magari mi sottovaluto, magari ho poteri mistici di cui non ero a conoscenza. Oppure è stato risucchiato in una dimensione spazio temporale parallela, spedito sulla luna, catturato dagli alieni.
Ha visualizzato e non ha risposto – 6 luglio 2019
Settembre, per me, è un mese pigro. Le giornate si accorciano, le temperature si abbassano, il sole non brucia più come prima, ma scalda delicatamente la pelle come una lieve carezza. Arrivano le prime piogge, quelle insistenti, che non durano i cinque minuti dei temporali estivi. E la notte comincio a sollevare il lenzuolo fino al naso, nascondendomi nel tepore del letto aspettando il mattino. È il mese che separa le vacanze estive dalla ripresa degli studi, e in questo lasso di tempo sospeso non ho voglia di fare niente. Sembra la quiete prima della tempesta, una pausa in cui sdraiarsi su di un prato e guardare il cielo, finalmente ad occhi aperti, finalmente senza sudare. C’è un parco, vicino a casa mia, dove porto il cane per farlo correre all’aria aperta. Dà sulla strada, ma basta salire sulla cima di una collinetta per ritrovarsi immersi nel verde, circondati dai prati freschi, dagli alberi rigogliosi, dai rami spezzati che scricchiolano sotto le scarpe.
Senza titolo – 9 settembre 2019
Affezionarsi è diverso da ambientarsi.
Io mi affeziono in pochissimo tempo, mi basta anche solo qualche ora, o un paio di giorni. Ma ad ambientarmi io faccio fatica.
Senza titolo – 21 novembre 2019
Ora però basta, eh. In appena tre anni, è la seconda volta che rimango a piedi con l’auto perché ho bucato. Se fosse per lo meno colpa mia, lo capirei anche. Avessi urtato un marciapiede, fossi passata sopra a dei chiodi… E invece no, niente. Sapete che c’è? Che i nostri asfalti fanno schifo. Sono un abominio. Sembra che siano sopravvissuti a una guerra nucleare. Un reperto archeologico. Pare la superficie lunare. La buca più piccola è grande quanto un melone, e comunque sufficiente a far ribaltare un motociclo, a far volare una bicicletta, e anche a tranciare le gambe dei pedoni. Le buche più grandi sono sostanzialmente delle barriere antiuomo, e guai a chi ci passa sopra superando i quindici chilometri orari. Quindi, mi domando, cosa pensiamo di fare? Perché capisco che al momento le priorità siano altre, ci sta, si teme una pandemia mondiale, una crisi economica senza precedenti e magari il ritorno dei dinosauri. Ma intanto io continuo a comprare copertoni come se fossero scarpe. Diamine, è una spesa. Che poi due volte su due è successo quando avevo urgente bisogno dell’auto. La prima volta nevicava, gli autobus non passavano e io dovevo andare a lezione in facoltà. Sono salita e ho messo in moto, ho fatto i cento metri per uscire dal garage, e mi sono accorta della ruota a terra. La seconda volta avevo in programma una gita, con tanto di visita a una bellissima rocca e biglietto pagato. E quando vado a bucare? Ma la sera prima ovviamente! Alle tre di notte, quando ho rimesso la macchina in garage, ho visto quella stramaledetta ruota. Rigonfiati, ti prego! Mi servi! Ma niente, non funzionano neanche le suppliche. Però una cosa la vorrei dire. A tutti quei fottuti geni che pensano di risolvere il problema delle buche buttandoci semplicemente del nuovo asfalto dentro: cambiate mestiere e datevi all’ippica.
Care strade italiane, facciamo una constatazione amichevole? – 22 febbraio 2020
Non sono la persona brava a parlare, non sono quella che fa il primo passo, non sempre so riempire i silenzi, ma alle persone a cui tengo cerco spesso di dimostrarlo. Anche in quei momenti in cui sarebbe stato più facile stare zitti, voltarsi dall’altra parte, o fare finta di non aver sentito. Ma non ne sono capace. Penso che al tuo posto potrei esserci io, e penso che le cose le vorrei sapere dalle persone di cui mi fido.
E’ sempre brutto quando vedi la gente parlarsi alle spalle, è brutto essere lì e non avere il coraggio di dire niente, perché poi torni a casa con i sensi di colpa in tasca, e ti rendi conto che non è giusto, che non sarebbe dovuta andare così. Doveva essere una bella serata in compagnia, un’occasione per conoscesi, perché un’occasione non la si nega a nessuno. Ma durante quella cena sono state dette parole ingiuste, parole che né tu né il tuo fidanzato meritate, e anche se vi conosco poco, anche se non possiamo definirci amiche strette, io quelle parole non le ho mai pensate. Guardavo il piatto davanti a me e cercavo di ignorare la rabbia, perché in effetti la verità è che non capisco. Non capisco come si possa ignorare un legame che esiste da anni, ridere di una persona che vi è sempre stata accanto, e che non ha mai negato a nessuno la possibilità di parlare o di avere un confronto sincero.
Ed essere lì, come un elemento di troppo in un puzzle già completo, mi ha fatto capire che quello non sarà mai il mio posto.
“Ho apprezzato molto che ci fosse anche la Giorgia, sono cose che apprezzo e mi ricordo”
Senza titolo – 1 settembre 2020
Ci ho provato, giuro che ci ho provato. Ma non ci riesco. È uno sport che odio, uno sport a cui non so giocare, uno sport che mi ha ferita in passato, e che non sono riuscita a perdonare. Lo so che non è colpa di un pallone. È sciocco detestarlo così. Sono passati più di otto anni da allora, e vorrei anch’io andare avanti, chiudere quella vecchia porta, dimenticare le cicatrici di una partita mai conclusa. E non c’entra la palla, no. La colpa è delle persone. Ogni settimana, alle scuole medie, arrivava quel giorno maledetto, quello da cui non potevo scappare, quello che mi faceva paura, perché sapevo che avrei dovuto giocare, anche se non ero capace. Ero l’ultima scelta di tutte le squadre, il bersaglio su cui schiacciare, lo spazio vuoto da coprire, e mentre la palla volava io me ne stavo ferma, incapace di colpirla, sperando che non si avvicinasse a me. Mi prendevano in giro per questo. Mi sentivo minuscola sotto la rete, fragile in mezzo ai compagni
Pallavolo – 28 settembre 2020
Io, da una serata mancata, stavo per chiudere un rapporto. Un’amica che all’epoca conoscevo poco, e a cui davo più di quello che ricevevo. Un legame a senso unico, forse. Poi una sera, dopo un invito a uscire, mi disse che non sarebbe potuta passare a prendermi in auto, perchè sarebbe stato troppo scomodo. Ero stata io a cercarla, altrimenti chissà se mi avrebbe avvertita. Neanche allora avevo capito, ma non le ho mai chiesto spiegazioni, ho saputo che ci aveva riflettuto, e mi è bastato. Oggi non siamo migliori amiche, ma a modo mio sono riuscita a dimostrarle che ci tengo, e lei a modo suo mi ha dimostrato di averlo capito. So che se tornasse indietro, si comporterebbe diversamente. Lo so perché oggi ci conosciamo di più, perchè abbiamo condiviso di più, e senza raccontarci le nostre vite abbiamo scoperto di capirci. E sono felice di non essermi fermata a quella serata mancata. Sono felice di non aver chiuso un rapporto senza aver capito il perchè. A volte le spiegazioni sono proprio lì davanti a noi, ma non le vediamo perché siamo arrabbiati, delusi, sconfitti. A volte, quelle volte, non serve nemmeno fare domande, basta guardarsi negli occhi, e riconoscere nell’altra persona la risposta. Può basarci oppure no, ma questo dipende da noi.
Senza titolo – 8 ottobre 2020
Quando si cresce, diventa difficile continuare a vedersi. Ognuno prende strade diverse, con tempi diversi, e pian piano tutti si avviano verso una meta, il mondo del lavoro, chi passando dall’università, chi da un master, e chi soltanto con un diploma. Si comincia a uscire di meno, le grandi compagnie si spezzano, e si comincia ad accettare che non ci potranno sempre essere tutti.
Senza titolo – 8 luglio 2021
La chiamo self-confidence. Autostima. Quella che per anni mi è mancata. Quella che sto imparando ad avere. Mi guardo allo specchio e mi rendo conto di sentirmi quasi un’altra persona. Mi sento più libera di vestirmi come desidero, di truccarmi il minimo sindacale, o di non truccarmi affatto, di comprarmi qualcosa anche se agli altri non piace, di indossare le sneakers anche se tutte portano i tacchi. Credetemi, non sono traguardi banali. Viviamo in una società crudele, incline al giudizio, che spesso si ferma all’aspetto esteriore, dove c’è chi sull’immagine ha costruito carriere. E’ difficile riuscire a fregarsene. E’ difficile ignorare ciò che la società vorrebbe tu fossi. Ma se ti circondi delle persone giuste, che ti fanno sentire al sicuro, e che ti accolgono come una seconda famiglia, allora sì che riuscirai a smettere di preoccuparti degli sguardi altrui, a guardarti allo specchio per qualche minuto, e a sentirti vivo davvero.
Perché ne parlo? Perché penso forse possa aiutare. Aiutare me, che potrò rileggere queste righe ogni giorno, e vincere la paura che ogni tanto prova a tornare. Ma soprattutto aiutare chi ancora si lascia condizionare, rinunciando ad essere sé stesso perché a qualcuno potrebbe non piacere. Non ho tutte le risposte, non sono perfetta, e ho così tanta strada da percorrere che mi sento quasi all’inizio di una salita. Ma ogni tanto è anche giusto fermarsi, darsi una pacca sulla spalla, e sentirsi fieri.
Tutti hanno quei vestiti vecchi o quelle tute abnormi che indossiamo per stare in casa, giusto? Un tempo non avrei mosso un piede oltre la porta conciata così. Oggi scendo tranquillamente le scale per ritirare la posta, e addirittura mi spingo fino ai bidoni della spazzatura, cambiandomi solo le scarpe per una mera questione igienica. Sì, mi vedono tutti vestita da barbona. Ma risparmio dieci minuti di togli-metti-togli-metti con i vestiti lasciati in giro.
Vi dirò di più. Da quando approfitto delle belle giornate per andare a camminare, esco vestita anche peggio. Pantaloncini sportivi, canotte di Tezenis a quattro euro, capelli legati, e sacchettino legato al polso per tenerci il cellulare. Aggiungete il sudore dopo i primi dieci minuti, e avete un quadro completo. Agghindata in tal modo, bagnata e struccata, sono andata anche al supermercato a fare una piccola spesa.
Self confidence – 20 agosto 2021
Ho sempre odiato le foto. Le foto di me stessa.
Ho odiato farle, guardarle, pubblicarle.
Mi vergogno a mettermi in posa, a sorridere al vuoto, a guardare altrove.
L’obiettivo mi paralizza, come se un grande occhio mi stesse fissando, analizzando, giudicando.
Penso a tenere dentro la pancia, a come staranno i capelli, all’espressione che avrò, e non c’è mai una volta in cui la foto esca perfetta, è ovvio, è normale.
Solo che boh.
Mi imbarazza vedermi lì da sola, al centro dell’inquadratura. Trovo difetti che gli altri non vedono. Giudico brutti gli scatti che per gli altri sono stupendi.
Shooting – 22 agosto 2021
“Gio, non dici mai niente… Dì qualcosa anche tu! Gio, allora? Raccontaci qualcosa. Stasera non hai ancora detto niente. Oh, la Gio sta parlando mentre noi eravamo in bagno! Gio, stasera quindi niente? Non dici proprio nulla?” Oh, senti, hai rotto tutto quello che potevi rompere.
Senza titolo – 17 settembre 2021
Non dimenticherò il nostro abbraccio
Senza titolo – 25 settembre 2021
Non ho mai sentito il bisogno di mettere insieme le persone, unire i gruppi di amici, estendere a tutti gli inviti. Sì, è vero: io mi crogiolo nelle piccole compagnie. Preferisco vedere tutti dedicando un giorno a ciascuno, piuttosto che ritrovarmi ad un tavolo di dieci persone. E poi c’è la statistica, quella materia di finte verità assolute, che spiega in numeri quanto sia difficile andare d’accordo con tutti. Io, poi, sono un po’ un outlier, mi trovo a mio agio con tre persone, e nove volte su dieci mi fermo ad ascoltare. Ma non trovo il senso di forzare un legame, di costringerci a stare insieme, di
Senza titolo – 27 settembre 2021
Sei stata davvero brava a presentare, eri così sciolta, sicura! Altro che “non sono brava a presentare”!
Lo classifico tra i complimenti che mi hanno fatto più piacere in tutta la mia vita.
Senza titolo – 24 ottobre 2021
Di 32 votanti al seggio, due soggetti in particolare hanno sfidato la mia pazienza, e la mia voglia di timbrargli la faccia.
Votante numero 1: arriva con la moglie e la attende fuori dalla stanza. Dopo dieci secondi dalla riconsegna della scheda e seguente loro dipartita, torna indietro a passo di marcia. “C’è un problema! Chi ha scritto 2023? Qui, il timbro, è sbagliato. Allora, chi è stato?!”. Mi affretto a controllare il timbro, ma io leggo un 2022. Lo faccio notare, ma lui continua imperterrito. “Ah, dite? Fino a prova contraria è un 3”. Dopo uno scambio di battute simili interviene la moglie, che ammette di leggere un due e invita implicitamente il marito a tacere.
Votante numero 2: entra in cabina con le sue cinque schede colorate e numerate, vota e poi esce. Al momento di inserirle nelle apposite urne, con una serie di etichette colorate e numerate, ci tiene a farci notare: “Ah, ma questa etichetta è al contrario”. Dopodiché se ne va a passo spedito, dimenticando il cellulare. Dieci secondi dopo la sentiamo urlare dal corridoio: “Ho dimenticato il cellulare!”. Quando entra per recuperarlo ci aggredisce: “Dovreste ricordarlo, visto che chiedete di lasciarlo qui!”.
Intanto al seggio accanto si accende una discussione accesa, che viene sedata solo con l’intervento di due poliziotti. Un votante, con la mascherina addosso, consegna la carta d’identità, poi sbraita contro gli scrutatori sostenendo che il riconoscimento non sia avvenuto, perché avrebbero dovuto chiedergli di mostrare la faccia.
Ora, io dico, ma se votare vi innervosisce, potreste fermarvi
Cronache semiserie dai seggi elettorali – 12 giugno 2022
Ho bisogno di costruire, realizzare, arrivare a fine giornata con la sensazione di aver fatto qualcosa.
Neanche il tempo di festeggiare l’ipotetico ultimo esame, che devo già prepararlo di nuovo. Quel maledetto. Ce la siamo tirata, fuori dall’aula, a dirci in coro ultima danza!, quando poi il professore ha fatto una strage e le nostre medie sono crollate a picco. Bene, non è mai tardi per rifiutare un voto. Del resto c’è chi ha rimandato la laurea per colpa sua.
Senza titolo – 1 luglio 2022
Guardo il mondo e mi chiedo se riusciremo a proteggerlo mai. È che in due anni è cambiato tutto, come una riga col pennarello su un bel disegno, e non riusciamo più a mandarla via. È un’emergenza continua, una minaccia, una pistola puntata, con lo spettro del coprifuoco e della distanza forzata. È troppo presto per dimenticare. Le città vuote, le strade morte, le serrande abbassate, sono un ricordo ancora fresco, un tatuaggio che si deve asciugare. E invece se ne parla ancora, come se quel silenzio e quell’oscurità potessero aggiustare tutto.
Ma lo posso dire che ogni tanto ho paura?
Senza titolo – 10 settembre 2022
Poi il senso di tutto diventi tu
Senza titolo – 12 settembre 2022
Si chiude un capitolo e se ne apre uno nuovo, e i fogli sparsi nel cassetto hanno ritrovato il proprio ordine, senza dover cercare il coraggio di buttarli via. Anche questo fa parte della storia, con i suoi spazi bianchi e tutte le parole non dette.
Sono così orgoglioso di te, amica mia! 🙂
Grazie di cuore!
Grazie a te per la risposta! Colgo l’occasione per dirti che pochi minuti fa ho pubblicato un nuovo post… spero che ti piaccia! 🙂
Sono contenta per la tappa raggiunta. 😊
Grazie mille!
Io invidio la tua capacità di tenere così tante bozze, io mi innervosisco già quando sono tre 🙈 comunque mi piace quella sull’affezionarsi e l’ambientarsi, mi ci rivedo molto ☺️
Hahaha, pensa che ne ho ancora 160 😂 Ogni tanto faccio pulizia, ma poi penso “eh potrei finirla però…”. Sono un’accumulatrice seriale 😀
Comunque ti ho taggata nell’articolo prima della recensione a Il Barone Rampante. L’ho detto anche a Henye perché mi sa che i tag non sono arrivati. Era un tag simpatico creato da un’altra blogger che secondo me è carino da far girare 😊
Ah cavolo, non mi è proprio arrivato! Passo volentieri a vedere 🙂
Tornando alla corona d’alloro: io la mia ce l’ho ancora, datata 29 anni.
Io l’ho appesa con un filo per cucire, spero che quando dovrò spostarla non si spogli 😂
Devi metterla sottovuoto, o comunque proteggerla dentro una busta in modo che non venga attaccata da insetti o acari.
Ah dici? Vedrò di provvedere allora
Che bei pensieri! Brava!
Grazie mille!