Lo scontro con la realtà è sempre un po’ una porta in faccia. Siamo tutti pieni di aspettative, di entusiasmo, di voglia di fare e di imparare, poi arriva la prima settimana di lavoro, e ci si ritrova ad una scrivania a guardare il muro. Da oggi faccio parte anch’io degli stagisti, quella categoria di giovani pagati per gestire le scartoffie, sobbarcarsi le incombenze più noiose, e aspettare pazientemente che ci sia qualcosa fa fare. E credetemi, non esiste niente di più frustrante di questo. Ci si sente inutili, incantati a guardare un orologio che non gira mai. Attorno a me sembrano tutti impegnati, tutti di corsa, tutti con le proprie scadenze sulle spalle, mentre io mi guardo intorno aspettando di uscire. Giornate buttate via, quando potrei apprendere mille cose. È che vorrei rendermi utile, dare un senso al mio esser lì, e non sentirmi solo parte dell’arredo nella sala. Sono nuova, è vero, ma qualcosa lo so fare, e se ne ho la possibilità ci posso sempre provare. Basterebbe un’occasione. Ma quel tutor che dovrebbe guidarmi spesso mi lascia sulla sedia, o mi chiama a guardarlo mentre lavora come se non avessi mai aperto Excel. Ma come posso imparare senza mai fare un tentativo, senza ricevere un compito, senza avere neanche una piccola responsabilità? Io mi ricordo quel tirocinio curriculare, nel 2019, quando arrivai e subito si adoperarono per non lasciarmi senza niente da fare. Non si aspettavano che fossi così veloce, ed io un po’ per timidezza, un po’ per una strana forma di rispetto, controllavo tutto due volte. All’epoca non ero neanche pagata, eppure in sole 150 ore ho imparato tantissimo. Vorrei che fosse così, vorrei che il tutor facesse il tutor, vorrei non sentirmi trasparente, vorrei servire a qualcosa. Perchè poi finisco a chiedermi se il problema non sia io. Magari non ispiro fiducia, magari non mi faccio capire, magari non trovo sempre le parole. Quando hai tante ore vuote ti perdi a rimuginare, è inevitabile. È un peso che infilo nello zaino da una settimana, ad ogni uscita dall’ufficio, e lascio cadere a terra appena arrivo a casa sperando che vada via. Mi vergogno, perchè in realtà un lavoro è una fortuna, ma faccio fatica a trovare la voglia, la motivazione, l’entusiasmo che ho sempre avuto per ogni cosa. Mi butto nel traffico per andare in ufficio e già penso a quando uscirò, se quella giornata sarà servita a qualcosa, o se avrò fatto almeno una misera fotocopia. Sarà anche colpa dell’umore. Non lo so. Ma in quelle ore di vuoto in cui ho aperto e chiuso i programmi del computer sono state estenuanti. Non sono l’esperta, la manager di una grande azienda, o una famosa autrice di saggi accademici, non prendendo di comandare, e non penso neanche di saper fare. Chiedo solo di poter imparare. Chiedo cinque minuti di un tempo non mio per averne l’occasione. È forse troppo?
Dove lavoro io arrivano spesso stagisti di vario tipo, per periodi dalle poche settimane all’anno intero (come periodo di formazione professionale), e con compiti da svolgere molto vari, perché abbiamo uffici molto differenti.
Un po’ ci vuole fortuna: se il “tutor” è uno con ruoli di “responsabile”, raramente dedica tempo alle persone, perché sempre indaffarato altrove.
Meglio essere affiancati da persone “operative”, che possono far vedere davvero l’ABC delle loro mansioni, ed insegnare davvero a svolgere un lavoro.
Per cui: dipende.
Ovviamente ci vuole buona volontà da ambo le parti, non basta la tua.
Pensa che da me è proprio il contrario, perché la persona che dovrei affiancare è più a livello operativo. Quindi sì, dipende, e penso anche che non tutti siano portati per farlo
Potrebbe essere una persona poco portata a insegnare o a comunicare.
dipende molto dalle aziende in cui capiti, ci sono quelle che fanno subito lavorare anche gli ultimi arrivati e pretendono pure risultati immediati, mentre ci sono quelle che i nuovi assunti li usano al posto delle imprese di pulizie, e di certo non li esortano a lavorare di più..
Anche lì è una questione di fortuna…🤷♂️
Esatto, è cosi, e diciamo che in entrambi i casi manca un po’ di equilibrio
Dopo 25 anni di ufficio anelerei a giorni vuoti e liberi per poter svuotare la mente dalle responsabilità e inevitabili rogne lavorative. Però vedo anche nella mia azienda giovano ragazzi seduti ad una scrivania abbandonati al loro destino. È una contraddizione del mondo lavorativo attuale dove la disorganizzazione ha preso il sopravvento e non si riesce ad organizzare bene il proprio lavoro. Più l’azienda è grande e più questo sistema si attorciglia su se stesso.
Consiglio: chiedi, osserva, parla. Cercati il lavoro in poche parole. Non farti assorbire dal sistema e mantieni la tua voglia di fare. Agisci. Perché passare il giorno così a rimuginare è logorante come non mai. Ciao Monica
Grazie mille per il suggerimento, cercherò di metterlo in pratica in questa seconda settimana 🙂
non ti scoraggiare!
Anni fa feci un corso di progettista web e mi mandarono a fare uno stage in un ufficio a Bergamo per quasi un mese. Mi ritrovai a fare tutto (inclusa la fila alla
posta) tranne quello per il quale ero lì: imparare a creare e gestire un sito web.
Quando lo feci presente al mio “tutor” lui mi rispose che non aveva tempo per me e che se mi andava bene era così altrimenti me ne dovevo tornare a casa. Quando lo feci presente alla mia referente del corso mi rispose che non c’erano alternative e che mi dovevo fare andare bene quello che avevo.
Dipende tutto da chi ti trovi davanti. Nell’ufficio dove lavoro adesso (ufficio di geologi) capita che arrivino stagisti universitari. Il mio capo li affianca ai collaboratori più “anziani” e loro apprendono tutto quello che possono apprendere nelle settimane a loro disposizione.
E’ così, diciamo che molto è questione di fortuna, ed è un peccato che tante potenziali occasioni vengano sprecate così, per disorganizzazione o disinteresse
benvenuta nello splendido mondo del lavoro
Grazie! 😄