Quell’equilibrio che sapevo dove trovare

Ci riflettevo quando avevo troppo tempo per pensare. In qualche modo, senza volerlo, senza nemmeno saperlo, tu mi hai ridato l’equilibrio che stavo per perdere. Sei stata la ragione per cui ho accettato i cambi di programma, la sfortuna accanita, i progetti saltati all’ultimo minuto. Tu, che forse nemmeno mi guardavi, ma eri il filo di speranza a cui mi tenevo con un dito.

Sembra sciocco, lo so. All’inizio era soltanto paura, quella di partire, di trovarmi da sola, di essere lontana, sì, anche da te. Paura che nel frattempo cambiassero le cose. Eppure non lo capivo, avevo sognato quel viaggio così tanto… Poi ho incontrato te, a farmi immaginare che la pandemia stravolgesse i piani, perché erano gli ultimi mesi in cui avrei potuto vederti, salutarti, e scambiare magari due parole. Quando è davvero saltato tutto, è solo questo a cui ho pensato. Almeno la incontrerò. Ho nascosto la rabbia sotto la tua immagine, e per assurdo è stato più facile che restare in attesa, con i dubbi in testa e le notizie a far confusione.

Un viaggio che è diventato un tirocinio a distanza, un lavoro in solitudine dalla mia scrivania. Sapevo che sarei finita ad odiarlo, ma dopo il primo mese ho saputo che stavi lavorando anche tu. E non so per quale strana associazione mentale, ma proprio quella situazione che odiavo ha fatto arrivare il primo messaggio, e da quel momento è stato diverso. Non ho certo cambiato idea, ma era qualcosa che ci accomunava. Un’esperienza che non vedevamo l’ora di finire. Tu mi hai chiesto un favore, io te l’ho fatto, e forse da quel giorno hai imparato almeno il mio nome, quello della ragazza gentile che non aspettava altro che te.

Essere rimasta a casa mi ha permesso di seguire le lezioni in aula all’università. Ho chiesto il permesso con la stessa paura che avevo davanti al biglietto aereo: e se poi dice di no? Ho fatto il conto delle ore, l’ho rifatto cento volte, perché volevo esserci il più possibile, ma non volevo strafare. Alla fine eravamo sempre nella stessa situazione, bloccate in un tirocinio che nemmeno ci piaceva, ma determinate ad essere tra quei banchi, perché sarebbero state le ultime occasioni. Gli ultimi mesi sono stati una corsa per non perdere giorni preziosi. Giorni per sperare di condividere qualcosa con te.

Poi ripenso allo scorso inverno, e a quel corso facoltativo di cui non ho mai sostenuto l’esame. Ad ogni lezione ero lì, anche alle otto del mattino, ed ero lì per te. Fingevo di prendere appunti per giustificare la mia presenza, e raccontavo a me stessa che avrei studiato, che lo avrei fatto per un bel voto sul libretto, che almeno sarebbe valso a qualcosa. La verità è che non me ne importava niente. Io aspettavo soltanto la pausa, quei cinque minuti in cui ritrovarsi in cerchio, fare due chiacchiere, una battuta per ridere, o raccontare qualcosa di sè. E per quei cinque minuti io ho donato ogni volta tre ore.

Non c’erano altre occasioni, erano quelli i momenti, i minuti che potevo prendermi senza pretendere niente da te. A volte c’eri, a volte arrivavi tardi, ed io ti sentivo alle spalle riconoscendo la voce, altre volte aspettavo invano, e finivo a perdermi nei miei pensieri davanti al professore. È probabilmente lo stesso motivo per cui uscivo all’aperto durante la pausa, anche se fuori faceva freddo, o salivo di un piano per prendere l’ennesimo caffè. Per intrufolarmi ogni tanto in una mezza conversazione. Era un tempo brevissimo, eppure ci siamo spesso ritrovate in cerchio, a parlare di niente o ridere di una battuta, e quegli istanti valevano tutta la giornata.

Non so quale fosse l’equilibrio, o se io lo abbia mai trovato davvero. So solo che le ultime lezioni le ho passate a chiedermi se ti avrei vista ancora. Poi è arrivato l’ultimo esame, un compito meschino, e un voto che proprio non ci andava giù. Ci eravamo già salutate, in una strana serata di congedi, e quando il vero ultimo esame ha bussato alla porta, io mi sono trovata chiusa in casa. Eccolo, l’equilibrio, quello che stavo per perdere di nuovo. Ma mentre maledicevo il covid per essere giunto nel momento sbagliato, tu mi hai scritto un messaggio, e ho scoperto che saresti stata a casa anche tu.

Mi è sempre bastato poco, e probabilmente è sempre stato sbagliato. Ma ora che te ne andrai, quell’equilibrio dovrò ritrovarlo da sola. Pensare che basterebbe tornare a pochi mesi fa, quando non eri nella mia vita, non avevo neanche una foto con te, nè una chat da rileggere per farmi del male. Dovrebbe essere la cosa più facile del mondo, ma non ci riesco. Mi manca quell’equilibrio che riuscivi a darmi solo tu. Ma non posso chiederti di restare, e se dovrò ricominciare allora forse è meglio così.

9 pensieri su “Quell’equilibrio che sapevo dove trovare

  1. dal nostro passato possiamo imparare molto, anche se molte persone non le rivedremo più la saggezza che ci hanno trasmesso rimarrà in noi per sempre. Questo è un discorso generico che potrà servirti per tutta la vita. Incontrerai sempre gente nuova, colleghi di lavoro diversi, ditte diverse, da ogni esperienza dovrai scegliere cosa conservare e cosa cancellare. Le emozioni si costruiscono giorno dopo giorno, le più belle sono in noi per sempre 🤗😉😊👍👍

  2. Non so perché, ma quando leggo questi tuoi scritti mi prende una morsa nel petto.
    Forse perché mi ricorda qualche situazione nelle quali ho provato le stesse cose, il desiderio di stare con certe persone misto alla difficoltà nel riuscire a soddisfarlo…non lo so.

    • Il sentimento è quello, forse si tratta di qualcosa di più universale di quanto pensiamo, che ci lascia un po’ con quei sentimenti contrastanti, tra la felicità per le piccole cose e l’amarezza per non riuscire a trattenerle 💚

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