Le cene di noi timidi

Non sono una tipa da cene di gruppo, cene di classe, cene di corso, probabilmente neanche cene aziendali. Quando al tavolo si siedono più di dieci persone, per me l’evento si può già classificare come stressante. Il più delle volte la mia missione è di sedermi accanto a persone amiche, così mi accodo fin dall’entrata, le seguo tallonandole fino alla sala, e mi precipito con fare distratto nel posto di fianco al loro. Metodo comprovato, semplice ed efficace. Il problema è che i restanti venti invitati mica scompaiono. No, ci circondano, innalzando i decibel delle conversazioni ai livelli di uno sciame d’api nell’orecchio.

Per noi timidi cronici, le cene di gruppo sono un incubo. Un prodotto horror della mente umana più perversa. Noi che amiamo il silenzio e le chiacchierate a tu per tu, ci ritroviamo immersi in un turbinio di grida, su diciotto argomenti diversi, e con il menù ancora da consultare. Che poi magari all’inizio è più facile. Ci si confronta sulla pizza scelta, ci si chiede opinioni sul ristorante, si fanno commenti sugli arredi, si parla del tempo e delle mezze stagioni… Poi arriva il cameriere, tu ordini il piatto con l’ansia che sia giudicato strano, e restituisci il menù. Tre secondi di silenzio, il tempo che il cameriere si allontani, e tutti si buttano in una conversazione.

E tu, timida, che fai? Ascolti a destra, ascolti a sinistra, ascolti davanti a te, cerchi di captare l’argomento più interessante, o quello su cui avresti qualcosa da dire, guardi gli interlocutori con un sorriso da ebete, prendi coraggio e… “Sì, esatto, lo penso anch’io”. Wow. Ottimo spunto di riflessione. Un contributo fondamentale. Probabilmente ti sembrerà la più lunga chiacchierata della sera, seconda solo al momento dell’ordine della pizza. E non ci sarebbe nulla di male se da quelle tre parole ne scaturisse una conversazione vera, di quelle a tu per tu che ti piacciono tanto. Ma in un tavolo di venti persone piovono domande da tutte le parti, com’è andato il calcetto? Mi passi l’acqua? Ti ha risposto il professore?, e gli argomenti volano come polline in primavera.

Tu, timida, sei decisamente allergica. Forse perché l’unico argomento che ti viene in mente è quanto buona sia la pizza? Certo, se pensi di leggerlo sul muro, sulle posate, o sui camerieri che passano, puoi star fresco. Gli amici al tuo fianco sono un’ancora di salvezza: sì, perché provano il tuo stesso disagio, e commentano la pizza con te. Poi magari trovi uno spiraglio, butti una domanda nella mischia, e ti ritrovi a conversare per due o tre minuti con altre persone. E’ fatta, è il traguardo della serata. Sai già che sarà difficile superarsi.

E infatti. Capita che gli amici vadano in bagno in massa, e tu non sia stata pronta a seguirli. Rimani seduta a un tavolo monco, circondata da sedie vuote, incapace di spostarti da lì. Per te alzarti e palesarti in un gruppo che parla è… un’impresa titanica. Una delle sette fatiche di ercole. Perché implica tutto quello che tu odi profondamente: l’attenzione su di te, la necessità di dire qualcosa, l’interazione con gente nuova, l’interruzione di una conversazione per iniziarne un’altra. Osservi gli altri alzarsi con leggiadria, con la fetta di pizza in mano, e vagare per la sala proponendo brindisi, mentre tu rimani seduta sperando che in bagno non ci sia troppa fila. La timidezza, signore e signori.

Ma nonostante tutto, io stoicamente accetto tutti gli inviti. Per assurdo, il momento in cui le paranoie scompaiono è quando mi viene proposto di uscire. Sarà che la vedo come una prova di coraggio, un test di autovalutazione, o un allenamento che non dovrei saltare. Sarà che in fondo un po’ mi diverto, ed è normale che sia così. E forse una parte di me è convinta che, una cena dopo l’altra, un giorno imparerò a lasciare la timidezza nel portaombrelli.

11 pensieri su “Le cene di noi timidi

  1. Ti capisco! Per me le cene devono fermarsi al massimo a quattro persone. Oltre le quattro comunque cerco supporto nel vino o nella birra che aiutano sempre nelle situazioni difficili (che poi creino altre situazioni difficili è un altro discorso 😅).

  2. Ti capisco e anche mi riconosco. Ho sempre cercato di evitare le cene della “classe” ma non ho mai potuto evitare i pranzi e le cene familiari: da sedici a venti persone, i raduni dei cugini con altri parenti a strascico e qui si superava la trentina e non parliamo dei matrimoni dove i duecentocinquanta ospiti erano la norma. Ora che sono vecchia ho tutta una serie di scuse sempre pronte per evitare la mischia e me ne posso stare in beata solitudine.

  3. Ho passato la fase delle riunioni numerose, delle feste, delle serate di gruppo.
    Ora, a ripensarci, mi chiedo come facessi a partecipare.
    Oggi non ci riuscirei mai, oltre i 10 a me non piace più.

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