C’è una cosa che più di tutte mi resterà impressa di questi anni. La sensazione di avere tutto da imparare. Come se fossi all’inizio di una strada, e non potessi guardare oltre la prima curva. Ogni giorno è un viaggio alla scoperta di cose nuove, un concentrato di occasioni che quasi piovono dal cielo, e noi, seduti a un banco che non ci appartiene, le raccogliamo da terra prima di uscire. La facoltà è il nostro rifugio, i professori le nostre guide, i compagni la nostra squadra. E da quando una pandemia ci ha tenuti lontani, forse lo abbiamo capito ancora di più. Quanto è bello entrare da quelle porte e sentirsi al sicuro. Mi ricorderò sempre il nostro entusiasmo, la nostra curiosità, le nostre paure nascoste, perché si è tutti diversi, ma lungo la strada si impara a conoscersi, e ci si scopre parte di uno stesso destino. Quando inizia l’ultimo semestre un po’ ci pensi. Senti il tempo scorrerti sotto i piedi, e capisci che ogni giorno è un nuovo passo verso un altro capitolo, ti rendi conto che tutto cambierà, che tante persone spariranno, come personaggi di uno sfondo in due dimensioni, e quell’aula diventerà un ricordo, un po’ come quella del liceo. Crescere vuol dire questo. Imparare a correre. Inizi a goderti ogni occasione, vai a lezione anche se ti distrai, partecipi ai lavori di gruppo anche se non ti va, perché sai che saranno le ultime volte, sai che non ci saranno seconde possibilità. E ti senti grande salendo le scale, mentre alcune matricole scendono spaurite, percorri quei corridoi che riconosceresti ad occhi chiusi, chiedendoti se un giorno li attraverserai di nuovo, ed entri in aula con lo stesso timore, perché ai banchi a gradoni non ti ci abitui mai. Sono giornate qualunque, frammenti del quotidiano, momenti insignificanti che diventano preziosi. Dalla finestra guardo l’inverno finire, e mi rendi conto che manca poco, pochissimo. Una sessantina di ore di lezione, sembra un’eternità a contarle sulla mano, ma passano in fretta, come un treno in corsa che provo a inseguire. In un attimo è primavera, e le scale antincendio diventano il nostro ritrovo. Ci si guarda in faccia, si scambia qualche parola, ci si fa due risate, senza promettersi nulla, consapevoli che presto arriveremo a un bivio, e ognuno di noi proseguirà da solo. Stiamo diventando grandi, diceva una ragazza pochi giorni fa. E’ vero, è così, e non possiamo fermare il tempo nemmeno per un minuto. Alcuni lavorano, altri hanno fatto un tirocinio, altri ancora parlano di startup, eppure in quell’aula, o sulle scale antincendio, riusciamo ancora a sentirci studenti, ragazzi con la vita davanti e tutto da imparare. Perché in fondo siamo uguali, nonostante gli accenti, le diverse culture, le abitudini incompatibili, e quei voti sul libretto di cui non si parla mai. Uccelli nello stesso nido, stretti l’un l’altro nello spazio di una grata, guardando in basso e chiedendosi come sia volare. Ho sempre pensato che gli anni universitari sarebbero stati speciali. E nonostante una pandemia, nonostante una guerra a pochi passi da noi, è in quella facoltà che sono cresciuta davvero. Ho imparato tanto, ad aprirmi agli altri, a chiedere aiuto, a parlare in pubblico, traguardi che forse ho raggiunto per ultima, ma non importa, perché quello era il momento giusto: il mio. E se già provo un velo di malinconia, non posso che sognare il giorno della mia laurea, immaginando al mio fianco chi c’è sempre stato, la mia famiglia, i miei amici, e quella piazza assolata davanti alla facoltà. Sto scrivendo le ultime pagine di un percorso bellissimo, e voglio godermele appieno. Quindi non importa se devo svegliarmi presto, o se la lezione finisce alle otto di sera, io ci sarò, sempre al solito banco, poi in fila alle macchinette del caffè, poi ancora sulle scale antincendio, per conservare tra i ricordi gli sguardi di chi provava la mia stessa nostalgia.
bellissima questa tua descrizione, pulsa di vita e di coraggio nell’affrontare il domani..👍👍👍👍😉😊
Grazie mille!
prego, auguri per l’8 marzo 😊👍
Grazie!
❤️❤️