Riflessioni sull’amicizia – da un post di Non sono ipocondriaco

Temo che gli “amici” di oggi siano semplice conoscenze incontrate in rete, gruppi con cui si condivide qualche bel momento di socialità, ma non si tratti di amicizie vere e profonde.

Per cui alla prima occasione viene fuori la vera anima di chi è amico solo per i “like” che ci si scambia, e non per l’affetto che ci lega.

Kikkakonekka

Ho letto queste parole in un blog, e mi sono fermata a riflettere. Perché le ha scritte una persona che appartiene a un’altra generazione, quella dei miei genitori, quella che facciamo così fatica a comprendere, senza renderci conto che forse siamo indecifrabili anche noi. Il mondo è cambiato, e non è questa una scusa, forse più un mezzo rammarico, e un’ammissione di colpa da parte di chi il mondo dovrebbe cambiarlo di nuovo.

Sì, è mutato, è diventato tecnologico, digitale, virtuale, multidimensionale, ed è incredibile scoprire quanto sia successo in fretta. Fino a poco tempo fa ero io a chiedere aiuto a mio padre, mentre oggi sono il punto di riferimento della famiglia. Ordino su Amazon, scarico gli ebook, scelgo la pizza su Justeat, insegno loro come fare la spesa online. Loro mi guardano ammirati, come se si chiedessero cos’altro potermi insegnare.

Noi giovani siamo multitasking, nativi digitali, cresciuti in cameretta, con le televisioni dai mille canali, con i videogiochi in due dimensioni, in queste città enormi, trafficate e prive di verde. Ma nei racconti dei miei genitori era tutto diverso. Nei loro occhi ci sono i cortili, i ritrovi dei bambini, i giochi di legno, il pallone di mio padre, le perline di mia madre, poi la cucina in famiglia, quei momenti per stare insieme, e le uscite in bicicletta soli, perché ci si poteva fidare.

A volte me lo hanno detto: abbiamo vissuto meglio di voi. Ed io ho risposto: no, era semplicemente un’altra realtà. Ma so di non averli convinti, so che fanno ancora fatica a capirmi, so che tante cose non se le sanno spiegare. Me ne accorgo, ma non ho risposte. Perché questa è la sola vita che ho conosciuto, questo è il mondo in cui ho imparato a navigare. Probabilmente è normale, le conseguenze di un orologio che non si può fermare, degli anni che passano come calendari da archiviare.

È vero che la rete è il nostro rifugio. Che ci parliamo a distanza da un cellulare. Che ci fermiamo in mezzo alla via per pubblicare un panorama. Che cerchiamo in mezzo ai like quei nomi a cui teniamo. Siamo abituati a questo, perché ci siamo cresciuti. Ma non basta un messaggio, una foto, un vocale di mezzo minuto per definire un rapporto. Non sono legami, sono strette di mano che il più delle volte dimentichiamo nella tasca, come se non fossero mai avvenute.

La verità è che l’amicizia è la stessa di sempre, solo più rara. Forse perché una stanza nasconde insidie e tentazioni. Forse perché le porte sono più dure da aprire. Forse perché è una sfida a chi ci vorrebbe diversi, ma noi giochiamo ancora a bastian contrario. Eppure i nostri veri amici non sono poi così strani, così lontani da un valore che cerchiamo di conservare.

Amicizia. Quella degli abbracci sinceri. Quella delle uscite improvvisate. Quella delle chiacchierate infinite. Quella dei sogni da condividere. Quella delle paure di cui parlare. Amicizia in cui si litiga e si fa pace, amicizia in cui i difetti spariscono, amicizia che sa trovare sempre un compromesso. Amicizia che vale più di qualsiasi like, perché non ha numeri che valga la pena contare.

Mi fa piacere il tuo punto di vista, tu ci tieni molto alle amicizie e lo hai dimostrato 1000 volte in ciò che scrivi.

Ma, da quanto capisco, a te piace il contatto con le persone, ed infatti parli spesso di ritrovi, o comunque di condivisione fisica di momenti con le persone che conosci.

Temo che non sempre sia così, che si vivano le amicizie “a distanza”, che sono simpatiche, ma creano legami molto deboli.

Ho riflettuto anche su questo, perché di amicizie virtuali ne ho provate a costruire, ma non ci sono mai riuscita. Ho un’amica che si è trasferita a Torino, ma cerchiamo di vederci ogni mese. E a chi scrivo “Come stai?” propongo sempre un caffè, per guardarci negli occhi e raccontarci la vita. Sono un raro esemplare? Può essere. Ma sono anche fortunata, perché ho incontrato persone che fanno lo stesso con me.

Certo, magari i nostri genitori se lo dicevano in faccia: mi manchi, usciamo? Noi ci scriviamo un messaggio, o ci sentiamo in videochiamata. Ma se rimane la voglia di superare gli ostacoli, incastrare gli impegni e riuscire a vedersi, allora penso che ne valga la pena. Abbiamo nelle nostre mani la possibilità di sentirci sempre, a qualunque ora, di sbloccare il telefono e farci una telefonata, di restare in contatto anche con chi è lontano, e di permetterci che un giorno, cascasse il mondo, ci prenderemo quel caffè.

Forse non tutti ci credono come ci credo io. Ma dalle amicizie che ho costruito negli anni, ho imparato quello che conta davvero. Non penso che la nostra generazione sia più sola, o più incustodita. Penso sia solo più difficile guardare oltre. Uscire di casa e immergersi nel mondo. Sembra più facile parlarsi da un cellulare, ridurre le conversazioni a un messaggio formale, ma là fuori c’è un’amicizia che non è mai cambiata, e che aspetta solo di essere vissuta. Un bene raro e prezioso, oggi più che mai a rischio estinzione, ma ancora capace di essere salvato.

Ho perso anche tanti contatti, non lo posso negare. Compagni del liceo spariti nel nulla, con cui continuiamo a scambiarci dei like. A volte mi chiedo se abbia senso, se lo facciamo per abitudine, per pietà, o per una sciocca responsabilità, ma forse più semplicemente è un gesto inconsapevole, una regola non scritta che fa parte di noi. Come lo è spiarsi dai social network, senza mai chiedersi come vadano le cose.

Se per i nostri genitori è fantascienza, io un po’ lo capisco, perché a volte lo penso anche io. E non voglio difendermi con la metafora della stessa barca, perché tante volte mi sono sentita un pesce fuor d’acqua, ma forse la verità è che ognuno è diverso, unico nei propri valori, con più o meno coraggio, e con i racconti dei genitori in tasca o nel cuore.

Io non posso che ringraziare chi mi ha insegnato l’amicizia di un tempo, quella da salvare.

9 pensieri su “Riflessioni sull’amicizia – da un post di Non sono ipocondriaco

  1. Ciao bella penna! Io penso che essere più o meno al passo coi tempi dipenda anche dal tipo di vita, di lavoro e di contesto in cui, noi anziani, siamo cresciuti e invecchiati.
    Pure io da piccola giocavo nel cortile e in mezzo alla strada, però il lavoro nelle radio private, l’amore per la musica che mi ha portato in giro, la necessità di lavorare con le nuove tecnologie (ho avuto il mio primo pc nel 1991), mi hanno insegnato ad affrontare i cambiamenti, inclusi i social dove ho iniziato a girare nel lontano 1995, con una delle prime messaggerie telefoniche chiamata “Metropolis”.
    Ho conosciuto un sacco di gente attraverso i social, e con qualcuno mi sono perfino fidanzata. 😉

  2. Le riflessioni di Kikkakonekka sono sempre stimolanti, mi fa piacere che sia stato lo spunto per questo tuo articolo così condivisibile.
    Quanto alla nostra alienazione virtuale, io notavo per esempio come molti contatti virtuali (ma spesso si tratta anche di gente più o meno amica nel mondo reale) abbia bisogno di reagire a una storia su Instagram per contattarti… Non esiste quasi più il “Ciao, come stai?” semplice e disinteressato, per il puro piacere di sentire un amico/a

  3. Che cosa posso dirti? Ogni generazione vive il proprio tempo che è sempre diverso da quello delle generazioni precedente e seguenti. Io ho vissuto un tempo diverso da quello di mia madre e da quello che sta vivendo mia figlia. Da bambina ho vissuto nell’epoca in cui l’elettricità non era ancora arrivata, si scriveva con pennini e inchiostro al lume della lampada a petrolio, ora uso il computer. Era meglio allora? Oppure oggi? No, non te lo so dire. Si vive nel presente, ci si adegua, ci si abitua, magari a fatica. Fra trent’anni io non ci sarò più ma tu vivrai in un tuo presente che non sarà uguale a quello di oggi. Sarà migliore o peggiore? Oggi non possiamo saperlo. Bisogna vivere il proprio tempo, piegandosi alle circostanze, adattandosi, evolvendosi. Si vive, finché si è vivi.
    Per quanto riguarda l’amicizia, nonostante siano nate delle corrispondenze con persone conosciute qui in questo spazio, considero l’amicizia qualche cosa di diverso da questo. L’amicizia è, per me, una corrispondenza reale, personale, di condivisione concreta, viso a viso e che continua nel tempo, nella quale ci sono confidenze che si dicono a voce, guardandosi negli occhi. Ciò che accade qui, in questi spazi, può essere bello, piacevole, importante, ma poco reale. Io potrei sparire e nessuno saprebbe come rintracciarmi veramente e ciò che racconto potrebbe essere non vero. Presumiamo di avere a che fare con persone sincere, in realtà non lo sappiamo.
    Un abbraccio e buona settimana.

  4. Premetto che non invidio il tempo in cui viviamo, preferivo il “mio”, ma come dico sempre ogni passo del tempo che passa non può essere come il precedente, attualmente si verte più verso il virtuale, perchè alla fine criticarlo? L’importante è saperlo gestire, non lasciarsi trasportare senza avere la consapevolezza, solo seguendo la scia, la moda…bisogna anche adeguarsi ai tempi, mio padre lo diceva sempre, lui ci riusciva, aveva lo stupore di imparare, tutto. Io in parte sono come lui, anche se più moderata.

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