Ho scritto una decina di articoli senza un titolo, ma non li ho mai finiti. Forse anche questo resterà un frammento alla deriva, un pezzo di carta virtuale, buttato in fretta in un cassetto. Volevo sfogarmi contro quella persona che mi ha rinfacciato la timidezza. Volevo descrivere quell’abbraccio con un’amica che è partita. E volevo dirvi quanto mi manchi, quanto faccia sembrare tutto diverso, anche se tutto è rimasto uguale. Volevo spiegarvi quanto mi spaventi unire i gruppi di amici in uno solo. Volevo scrivere una lettera, l’ennesima, a quella persona che non sempre c’è, ma quando meno me lo aspetto la ritrovo al mio fianco. Volevo narrarvi lo stress dei lavori di gruppo universitari. E volevo anche raccontarvi di quanto sia stato facile parlare in pubblico, ma non me ne capacito nemmeno io. Pensieri abbandonati sullo schermo, presi al volo dalla mia testa prima che riuscissero a scappare. Vorrei farli tornare, riuscire a donarveli come si deve, ma serve tempo e ispirazione, e in questo momento non ho orologi nè fogli da riempire. Però mi faccio una promessa: siederò alla scrivania, e quelle bozze avranno presto un titolo, i miei pensieri una nuova forma, e questo piccolo mondo virtuale un nuovo capitolo della mia storia.
Anche a me, timido di natura, parve strana la naturalezza che mi uscì spontanea la prima volta che parlai in pubblico.
Probabilmente feci finta non ci fosse nessuno, o forse mi concentrai solo su quello che dovevo dire.
Andò bene.
Allora magari è anche questo un lato del carattere di noi timidi, chissà! Ammetto che i complimenti mi hanno fatto un piacere particolare