Il problema non sono i sacrifici. Li farei senza nessun lamento, se solo servisse a qualcosa. Ma è da un mese che siamo chiusi in casa, ed è da un mese che i telegiornali lamentano la lentezza della campagna vaccinale, le regioni che procedono in ordine sparso, le dosi che non vengono consegnate, il piano che non viene seguito. È da un mese che siamo chiusi in casa, e la prospettiva è un altro mese lontano da tutti, a seguire le lezioni da un computer, mentre l’economia continua a crollare, e le promesse mancate continuano a farci male.
Quindi sì, mi lamento, mi arrabbio, e mi ritrovo a odiare quelle foto di una normalità dimenticata. Non sopporto le videochiamate, perché quando finiscono mi ritrovo da sola. Non riesco a sognare un futuro migliore, perché vedo un presente impantanato nel fango. E se guardo i miei genitori, mi chiedo quanto ancora dovranno aspettare quel maledetto vaccino. Dei loro parenti si sono ammalati. Nel mio condominio sono morte due persone. Dei miei amici sono risultati positivi. Ma nascondo la paura in tasca, la rabbia in un cassetto, e studio per costruirmi quel futuro che a volte vorrei mandare via. Lo faccio in automatico, e mi costringo a guardare avanti, a quegli obiettivi che un anno fa mi avrebbero fatto solo piangere di gioia.
Ma cavolo, quanto mi mancano quegli abbracci. Se chiudo gli occhi riesco quasi a immaginarli. Caldi, felici, e pieni di amore. Quanto mi manca stringere al petto una persona, sentirmi avvolgere dalle sue braccia, e perdermi nel suo profumo, con il sorriso stampato in faccia di chi alla vita non chiede niente, perché è felice così. A volte mi chiedo che senso abbiano queste giornate. Vorrei solo potermi addormentare e risvegliarmi quando sarà tutto finito. E invece sono qui, a piangere quando nessuno mi vede, e a guardare con nostalgia i ricordi del mio passato appesi al muro.
Ieri la mia migliore amica è venuta in città. Doveva stampare gli appunti di un esame, e a cinque minuti da casa mia c’è una copisteria. Abbiamo preso due cornetti e due caffè, e ci siamo fermate in un parco per due ore. La legge non lo permette? Probabile. Ma poterla vedere è stato il regalo più grande che io potessi ricevere. Ci manchiamo, e a tratti non ce lo diciamo. Non ci lamentiamo, perché farebbe troppo male, e non guardiamo indietro, perché sappiamo che forse abbiamo già vissuto gli anni migliori. Vederla andare via, salutarla e restare lì, è come sentirsi strappare una borsa piena di tutti i sentimenti nascosti. Rimane solo il vuoto di quelle giornate spese a pensare, e la lista di tutto quello che vorremmo amcora fare.
Poi, ogni sera, si parla sempre di quello. Del covid. Di chi sta bene e chi sta male. I miei genitori non mi dicono più di prenderla con filosofia, di pensare al buono che c’è in questa situazione, anzi, si lamentano, sono stanchi anche loro. Perfino mio padre, che a marzo scorso accendeva lo stereo e tirava fuori le carte per giocare con me, sembra aver perso il suo ottimismo incallito.
Non ride più nessuno, ci avete fatto caso? Per strada si spostano tutti, in auto hanno tutti fretta, i negozianti sono sbrigativi. Solo i bambini continuano a correre, con quella luce negli occhi, ignari di tutto e pieni di vita. Durante una delle mie passeggiate attorno a casa mi sono seduta su un muretto, a guardare i tetti della mia città dall’alto. Una mamma con due bimbi faceva il mio stesso percorso, e quando ho incrociato i loro sguardi istintivamente ho sorriso, sotto la mascherina, e con la mano ho fatto ciao senza nemmeno pensarci. Di solito non sono così. Di solito i bambini li evito. Ma loro mi guardavano, e con il ditino indicavano me, seduta da sola su un muretto a guardare il cielo, come nei film. Mi hanno salutato con le loro mani minuscole, e mi sono resa conto che sto cambiando, forse sto crescendo, o forse sto solo capendo quando la vita sia preziosa.
Ma a che prezzo…
Forse è più preziosa la qualità della vita e lo capisci in questi frangenti.
O le piccole cose che la vita ti regala 🙂
Eppure c’è chi vive senza nemmeno sapere che cosa c’è oltre la polvere del deserto ed è felice quando trova l’acqua da bere.
Io sono in un limbo per questo tirocinio. Ho contattato una biblioteca e mi hanno detto che stanno cercando di attivare la procedura burocratica che li riguarda mia purtroppo nella mia università i tempi di modifica del piano di studi non mi permettono di aspettare troppo. Chiude a fine aprile e non posso rischiare. È un limbo stressante e non so cosa fare. In altre università non devono compilare in anticipo il piano di studi ma si compila automaticamente dopo aver concluso la carriera. È una limitazione troppo grande questa… È snervante 😣
Anche da me va compilato in anticipo, ma con i tirocini all’estero tramite Erasmus i tempi si accorciano anche da me.. e poi quante carte da compilare!
Non vedo i miei migliori amici da 1 anno.
Ci sentiamo al telefono, ma di vedersi di persona nessuna possibilità: abbiamo tutti figli che vanno a scuola, e genitori anziani.
Per il bene di tutti, si evitano gli incontri, sperando di poterli fare a breve, se finalmente arrivassero ‘sti vaccini
Lo immagino, ma se ragionassi da “egoista” ti direi che alla nostra età forse pesa ancora di più, perché gli amici sono un po’ come la nostra seconda famiglia. Ovviamente so che ci sono cose più gravi, che già solo il fatto di stare tutti bene è un privilegio
No, hai ragione. Per la Vs età l’amicizia assume una importanza differente, me ne rendo conto (anche perché mio figlio ha quasi 19 anni e vedo quanto sia limitato in questo periodo).
Crescere ha sempre un costo, e la maturità passa sempre attraverso una perdita: come cantava Guccini, si paga a prezzi d’inflazione quella che chiamano la maturità.
Comunque anche questo, come tutto, passerà!
Bellissime parole di Guccini, e crescendo si capisce quanto sono vere 🙂
La vita non ha prezzo…mai!
Sono le occasioni che ce lo fanno pensare.