“Femmina di elefante incinta uccisa con esplosivi nascosti nella frutta”, ma i titoli di giornali non rendono l’idea

Ho paura. Non so cosa sia successo, non capisco. Un uomo si è avvicinato a me, mi ha offerto un ananas da mangiare, me lo ha dato con le sue stesse mani. Ma quando l’ho messo in bocca ho sentito un dolore fortissimo, ho iniziato a perdere sangue, non sono più riuscita a muovere la mandibola. Qualcosa è esploso, ho sentito dire che fossero dei petardi. Chissà come ci sono finiti, dentro un ananas… Ma perché quell’uomo è andato via? Ho paura. Vorrei chiedergli aiuto, ma non lo vedo più. Morirò? E il cucciolo che porto in grembo? Non può finire tutto così. Laggiù, vedo un fiume, forse un po’ di acqua fresca mi farà bene. Forse è solo una piccola ferita, e domani potrò tornare a nutrirmi come prima. Ma sono stanca… Sento il corpo pesante, e qualcosa di caldo che mi scivola addosso, ha l’odore del sangue, ma non può essere il mio. No, non può essere il mio. Ecco il fiume, ora starò meglio. Ma… anche l’acqua si sta tingendo di rosso. Non… non può essere il mio. Saranno sicuramente delle alghe, ma non ci vedo più tanto bene. Mi fa male il viso, come se mi avessero sparato. Ma non posso morire, non posso. Mio figlio ha bisogno di me. Avrà paura anche lui? Starà soffrendo? Sentirà il corpo bruciare, avvolto da fiamme invisibili? O avrà già smesso di lottare? No, devo resistere, devo farlo per lui. Voglio che nasca, che possa vedere il mondo, che venga accolto dal branco, che gli venga insegnato a scappare dall’uomo. Che sciocca… Proprio io mi sono fidata, io l’ho messo in pericolo, proprio io, che sono sua madre. Lo sapevo, sapevo che l’uomo è crudele, che a volte ti uccide per niente, altre volte ti strappa le zanne e ti lascia lì, a respirare il tuo sangue mentre la vita scorre via. Ma non ci ho pensato. Cercavo soltanto del cibo, non avrei fatto del male a nessuno, e se me lo avessero chiesto me ne sarei andata. Non c’era bisogno di uccidermi. Che colpa ne ha mio figlio? Lui non è nemmeno nato, non ha ancora le zanne d’avorio che cercate di rubare, non è che un corpicino minuscolo, più piccolo dei vostri neonati. Non è giusto. Non penso di farcela… Provo troppo dolore. Ma non so mettere fine a questa agonia, non posso proteggere mio figlio, e stiamo soffrendo in due, chissà per quale motivo, chissà per quanto, e chissà chi dei due morirà per primo. Almeno l’acqua è fresca. Tra qualche minuto non sentirò più niente. Quando le zampe cederanno, sarà il fiume a portarci via. Nessun uomo a strapparci le zampe, nessun fucile puntato, nessun tempo per scappare: abbiamo perso. Sconfitti dalla fiducia, da un gesto che sapeva di gentilezza, da un frutto offerto con un sorriso. Ho ucciso mio figlio mangiando quel frutto. Ho dato la sua vita in sacrificio, e la mia. Ma che serva di lezione al mio branco, perché alla fine l’ho capito, anche se sto morendo, ma l’ho capito: non mi dovevo fidare. Non dovevo credere al suo sorriso. Ma ho pensato a mio figlio, ho pensato che l’ananas gli avrebbe fatto bene, ho pensato… Ma sono stanca. Sento il dolore scorrere via, e delle voci in lontananza… Sono loro? Gli uomini? Lo immaginavo. Verranno a strapparmi le zanne, per loro sono troppo preziose. Figlio mio, anche se non vedrai mai questo mondo, spero di poterti portare con me. Forse è giusto così, ce ne andremo lontano, magari seguiremo il fiume, e arriveremo in fondo all’oceano, dove tutto è silenzio, incontaminato, nascosto. Oppure voleremo via, due anime leggere, e giocheremo insieme nell’aria pulita, mangeremo nuvole di panna e stelle comete. Sarà il nostro futuro, te lo prometto. E mi dispiace così tanto, cucciolo mio… Sento gli uomini che si avvicinano, ma non vedo niente. Forse l’acqua è troppo alta, dovrei spostarmi da qui, dovrei… Ma chi è che urla? Perché stanno urlando così? Non sono abituati a vedere un elefante morente? Ah, sì, dev’essere il sangue. Agli uomini dà fastidio. Curioso, no? Prima ti feriscono e poi scappano spaventati. Ma io sono più forte di loro. Non ho più paura. Non provo più niente. Mi sono lasciata andare tra le loro braccia, e mi è sembrato di sentire qualcuno piangere. Eri tu, figlio mio? No… Ecco l’ananas. Dai, avanti, prendilo. Ora non ti farà più del male. Voglio che lo assaggi. Il sapore della natura, un singolo istante di quella vita che ti è stata portata via. Senti la sua dolcezza in bocca, fallo per me, e raccontamelo. Non ne posso più di inghiottire la mia stessa vita. Voglio vederti esistere. Voglio che lo sappiano, voglio che ti vedano. Forse qualcuno già lo sa. Stanno piangendo sui nostri corpi, ma non ti lascio andare, io ti devo proteggere, fino alla fine, finché avrò respiro. Qui, nell’acqua fresca, sento le lacrime degli uomini cadere a gocce, mescolarsi al mio sangue, e capisco che non posso andarmene in questo modo. No, non posso. Vi perdono. Non saprò mai il perché di questa assurda condanna, ma vi perdono. Forse i petardi non li aveva messi lui. Forse era un ananas nato male. Forse… Forse gli uomini non sono tutti cattivi. Forse adesso lo andranno a cercare, e lo metteranno nelle loro prigioni. Figlio mio, perdonali anche tu. E ce ne andremo insieme, li guarderemo dall’alto, e ti racconterò del branco che non hai conosciuto, degli uomini che non hai incontrato, della paura che non hai avuto. E del perdono che hai concesso al tuo assassino, perché gliel’ho concesso anch’io. E scusami se non sono stata una buona mamma, se ti ho fatto soffrire, se ti ho tolto la vita ancor prima di riuscire a dartela, ma spero che un giorno tu possa capire, guardando gli uomini farsi la guerra, che a volte non serve a niente chiedersi il perché. Succede e basta, e a te non resta che perdonare.

Tra tutti gli animali l’uomo è il più crudele. È l’unico a infliggere dolore per il piacere di farlo

(Mark Twain)

Se solo fossimo capaci di essere meno uomini e più animali, probabilmente il mondo sarebbe un posto migliore.

22 pensieri su ““Femmina di elefante incinta uccisa con esplosivi nascosti nella frutta”, ma i titoli di giornali non rendono l’idea

  1. Non sono per nulla d’accordo sul perdono. Certi infami per me non meritano nulla se non di morire, possibilmente soffrendo e tanto.

    • Certo, quello era il punto di vista dell’elefante, che sono dell’idea non riesca a comprendere e di conseguenza provare odio, o comunque è capace di molto meno male rispetto a noi… il suo perdono dovrebbe essere il giusto schiaffo morale a un brutale omicidio

      • Una volta lessi la storia di un elefantino a cui un uomo fece del male. La cosa apparentemente finì li ma poi a distanza di anni capitò che quell’uomo fu riconosciuto dall’elefante ormai cresciuto. Beh, non lo perdonò affatto. Gli elefanti hanno una memoria prodigiosa. E l’uomo si meritò tutto. Non credo agli schiaffi morali perché certe persone non hanno una morale o una coscienza e chi non ha ciò è impermeabile a qualsiasi lezione. Purtroppo al mondo c’è gente davvero cattiva e l’unica difesa è escluderla dalla società.

      • Non sapevo di questa storia lo ammetto… concettualmente sono d’accordo con te, nello scrivere il post ho immaginato pensieri più buoni in un certo senso più strazianti, perché il concetto del perdono è pesante. Ma andrebbero prese delle misure contro queste persone, misure tipo il carcere per un bel po’ di anni

      • Si certo, ho compreso il tuo intento. Il mio era solo quello di uno che ogni giorno assiste a comportamenti disumani, comportamenti per altro che nei secoli si sono ripetuti di continuo e che amaramente mi portano a pensare che tutto ciò è davvero triste e sconcertante.

      • Ti capisco! Purtroppo quando si ha una indole buona a volte lo sconforto prevale perchè semplicemente vorremmo un mondo migliore…

  2. L’elefante ha mangiato uno “spaventacinghiali”, per sbaglio. Quindi l’idea di fondo dell’articolo (l’uomo è cattivo perché si diverte a uccidere un elefante) è sbagliata. Nessuno è andato dall’elefante a proporgli allegramente di mangiare un ananas esplosivo (dubito anche che un animale selvatico gravido si avvicini a un umano, specie se gli agita davanti qualcosa).
    Possiamo discutere sulle modalità con cui da quelle parti si cerca di impedire ai cinghiali di devastare le piantagioni (e, quindi, si cerca di non morire di fame), ma non credo sia il caso di trasformare una cosa, per quanto sia tragica, in qualcosa che non è.
    E’ come se un cane avesse mangiato per sbaglio del veleno per topi, o come se una mucca si fosse impigliata nel filo spinato o in un recinto elettrificato.

    Dispiace per l’elefante, comunque.

    • Il testo è più un racconto che testimonianza reale, quindi che non ci sia stato un umano ad allungare il frutto dell’elefante è vero, certo. Ma possiamo discutere sul concetto di creare un frutto esplosivo per “spaventare” un animale, dato che sopra non c’e scritto “riservato ai cinghiali”.. è lecito piazzare dei petardi a costo di uccidere un animale per proteggere se stessi? Se così fosse, allora sarebbe lecito farlo contro chiunque, no? O la vita degli animali selvatici vale meno della nostra? Io credo esistano metodi di convivenza più civili di questo, e che escludono anche il veleno sparso ovunque a portata di cani, e i recinti elettrificati

      • Sì, credo anch’io che esistano modi migliori per preservare le proprie coltivazioni, anche se non ho idea di cosa si possa fare contro un cinghiale. Non sono proprio animaletti pucciosi.

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