Una brutta notizia

Ieri sera ho saputo che il padre di una persona che conosco si è tolto la vita. Questa mattina ho letto la notizia sui giornali, e da allora non faccio altro che pensarci. Imprenditore di 56 anni, il suo cognome era inscindibilmente legato ad una nota società bolognese, un pezzo grosso dell’edilizia e della finanza commerciale. Abitava ad una strada di distanza da casa mia, in una villa nascosta da un cancello. Conoscevo suo figlio, ha frequentato i primi due anni di superiori con me, nella mia classe. Me lo ricordo bene, mi ricordo quando il suo banco era dietro al mio, e il nostro gruppetto di quattro veniva puntualmente richiamato dai professori, mi ricordo quante risate ci siamo fatti insieme, perché era un ragazzo solare e sempre allegro. Poi ci siamo persi di vista, lui ha cambiato scuola, e dopo la maturità ha cominciato a lavorare con il padre, nell’azienda di famiglia. Penso a come possa sentirsi adesso. Senza un biglietto, senza alcuna spiegazione, senza nemmeno un ultimo saluto, o la certezza di non avere colpe. Tornare a casa una domenica sera e sentire il mondo crollarti addosso. Tuo padre, il tuo punto di riferimento, un pilastro che nella tua vita c’è sempre stato, e non riesci nemmeno a spiegarti perché, perché se n’è andato, perché ti ha lasciato lì. Aveva una moglie e tre figli, una famiglia che oggi si domanda come mai nessuno si sia accorto di niente. Eppure vivevano tutti insieme, avevano sempre affrontato tutto stando insieme, ma questa volta non ce l’ha fatta. Forse la crisi, forse un problema di debiti, o magari quelle preoccupazioni che non aveva mai confessato, è crollato sotto il peso di una responsabilità più grande di lui. Ripenso a quelle volte in cui ero ancora una ragazzina, e credevo che quel ragazzo ricco fosse la persona più fortunata del mondo. Che sciocca sono stata. Perché aveva una famiglia ricca, ma oggi non ha più un padre, e questa è una delle ferite più dolorose che un essere umano possa sopportare. L’ho capito davanti alla pagina di giornale, i soldi non ti possono salvare, non dalla malattia, non dalla paura, non dalla depressione. Una bella casa e un nome famoso non sono niente, perché dentro siamo tutti fragili come cristalli, presi a pugni dalla vita e conquistatori del nostro mondo, ma a volte si perde, ci viene chiesto di ricominciare, senza che ci venga detto dove trovare la forza per farlo. Probabilmente, quel padre, la forza non l’ha trovata. Ma mi si gela il cuore a pensare alla sua famiglia, una madre che è rientrata a casa con i suoi figli, domenica 3 maggio 2020, l’ultimo giorno di quarantena, una data che tutti abbiamo segnato sul calendario, e che per tutti è stato un giorno di speranza e di rinascita. Ma per loro no, per loro è stato il giorno di una tragedia. Non lo si può accettare, è difficile perfino comprendere. E perdonare. Perdonare un padre che si è tolto la vita, e ti ha lasciato un vuoto incolmabile pieno di dubbi, di domande che non avranno mai risposta. Perdonare un marito che ti ha lasciata così, senza una parola di conforto, senza un ultimo abbraccio, senza neanche delle scuse. Nessun biglietto, nessun messaggio per nessuno. Solo il silenzio di un corpo senza respiro, e una casa che ha ancora il suo profumo. Non ho sentito nemmeno le sirene dell’ambulanza. E’ brutto andarsene così. Dopo una vita spesa a costruire, ad affrontare la crudeltà del mondo, solo per poter dare ai tuoi figli quello per cui tu hai dovuto lottare, e poi non sei nemmeno riuscito a chiedere aiuto. Ma loro ti avrebbero aiutato. E’ che stavi cadendo in un baratro così grande che non hai potuto vedere i loro sguardi, né quello di tua moglie, così come oggi non potrai vedere le loro lacrime e il dolore straziante che hai lasciato. Perché no, quello non può morire. E crescere senza sapere è orribile. Amare una persona con la consapevolezza di non essere riusciti a salvarla, nemmeno da sé stessa, è questo che fa più male, Ma un giorno ti perdoneranno. Perché quell’amore va oltre ogni distanza. Solo che oggi è più difficile di ieri. E ricordare un ragazzo solare, che per me aveva tutto quello che si potesse volere, mi fa rendere conto di quanto la realtà sia più dura di quello che sembri, e più nascosta dietro maschere di ghiaccio, esposte al sole.

19 pensieri su “Una brutta notizia

  1. Pingback: Una brutta notizia — Ilmondodelleparole | l'eta' della innocenza

  2. Ho conosciuto molto da vicino persone che si sono suicidate e mai avrei detto che era nei loro pensieri il gesto estremo.
    Certe sofferenze sono invisibili e non rivelano a nessuno.

  3. Mi spiace molto.
    Purtroppo conoscevo anch’io due ragazzi che si sono tolti la vita da giovani, uno dei due lo conoscevo davvero bene perché vicino di casa.
    17 anni.
    Terribile.

  4. Ti capisco benissimo. A noi è successo un paio di volte. Prima un nostro carissimo amico, con cui avevo anche collaborato in alcuni progetti e l’anno scorso un nostro parente, al ritorno dal viaggio di nozze. Entrambi suicidi, senza lasciare un biglietto, una spiegazione. All’apparenza persone senza problemi, di salute, famigliari o finanziari. E noi tutti, ancora oggi, a chiederci il perché.

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