Chi siamo noi?

Chi siamo noi, studenti universitari? Di noi si è ricordato qualcuno fino ad oggi? Lasciati a casa e abbandonati a noi stessi, alle decisioni dei singoli Atenei, senza alcuna direttiva comune, privi di informazioni o di alcun tipo di certezza. Ma lo abbiamo accettato, perché questo andava fatto. Noi, quella schiera di giovani di cui tutti parlano, quelli che dovrebbero rappresentare il futuro, e che spesso partono per cercare lavoro all’estero, ma tutti vorrebbero che rimanessero qui. Siamo sempre noi, che rispettiamo le regole, che lavoriamo per costruire quel futuro, che abbiamo fatto tante rinunce, ma non ci siamo mai lamentati, perché non ci sembrava di averne diritto. Chi siamo noi, in confronto ai medici, agli infermieri, alle forze dell’ordine, agli autotrasportatori, ai commessi dei supermercati? Dei privilegiati, che non devono faticare, che possono ricevere le lezioni a casa, che possono sentire gli amici al telefono, e che anche se rinunciano alla vita sociale, pazienza, ce la faranno. Studenti rimasti bloccati a chilometri da casa, lontani dalla famiglia, costretti a pagare inutilmente un affitto, le bollette, le spese per la connessione ad internet. Poi ci sono le tasse universitarie, quelle rate che superano i mille euro, e che nessuno ha pensato di ridurre. Chi in questi mesi non ha più un reddito, chi ha soltanto i seicento euro erogati dall’Inps, come può pensare di pagare gli studi ai propri figli? E poi, mille euro per cosa? Per delle lezioni in cui i professori leggono delle slide, slide che non possiamo stampare, perché non abbiamo le stampanti a casa o gli inchiostri sono già finiti. Lezioni che si interrompono, a volte perché il WiFi non prende, a volte perché ci sono troppi studenti connessi, altre volte perché il programma non ne vuole sapere di funzionare. Lezioni in cui spesso le nostre domande vengono ignorate, perché sarebbe impossibile rispondere a duecento ragazzi, e allora tanto vale non rispondere a nessuno. Lezioni che non sono stimolanti, non sono interessanti, non sono di aiuto, e a volte quasi ti confondono, perché sono i professori stessi ad essere confusi. E lo capisco. Perché è difficile stare sei, otto ore davanti a uno schermo, ad ascoltare una voce senza volto che parla, ma è altrettanto difficile parlare a uno schermo per sei, otto ore, senza vedere in faccia nessuno, e senza interagire mai con nessuno. E’ demoralizzante, per tutti. Ma se soltanto ricevessimo un minimo di attenzione, se venissimo considerati anche noi come soggetti da aiutare, non starei qui a rimuginare su tutto quello a cui ho rinunciato in silenzio. Biblioteche, aule studio, laboratori, tirocini formativi, seminari, incontri organizzati, ricevimenti con i professori, colloqui, una vita frenetica che all’improvviso si è fermata, ma gli studenti no. Loro devono andare avanti, pagare le tasse universitarie, arrangiarsi con quello che hanno, senza sconti e senza alcun aiuto. I libri si possono solo comprare online, a quaranta euro l’uno e in arrivo chissà quando. Le slide fornite dai professori possono solo essere copiate a mano sui quaderni, ma senza poterne comprare di nuovi, perché non li possono vendere nemmeno i supermercati. Chi aveva inserito nel piano di studi il tirocinio formativo, non potrà laurearsi. Chi non riesce a pagare le tasse, non potrà laurearsi. Non si sa come né quando si svolgeranno gli esami, e alcuni, come me, si ritrovano tre compiti da sostenere in quarantotto ore, più di un esame al giorno. Probabilmente la sessione di laurea si svolgerà a distanza, ma nessuno osa darci conferme, indicazioni sulle date, l’unica cosa certa è l’importo dell’ulteriore tassa da versare. E che dire dei test di ingresso per le lauree magistrali? E’ stata data la priorità a medicina, ma noialtri non sappiamo niente da mesi. Non sappiamo cosa studiare, per quando studiare, come si svolgeranno i test, quanto costerà sostenerli. Bisogna avere pazienza, bisogna avere fiducia, sì, ma a quale prezzo? Quello di gravare sulle spalle dei genitori, per ottenere in cambio soltanto incertezza. Lo so, magari non siamo una priorità, magari è bene risolvere prima l’emergenza sanitaria. Ma è frustrante vedere tre anni di studi, di impegno, di altrettanto sacrificio essere buttati via così. Per un’organizzazione che manca. Diventa inutile parlare di un futuro, attribuirlo a noi come se potessimo fare dei miracoli, mentre ci viene chiesto di brillare nonostante tutto, di studiare e di prendere buoni voti, perché i soldi spesi non siano stati vani. Non ci lamentiamo, perché c’è chi sta peggio. Ma così diventa ancora più difficile.

Lo so che bisogna essere positivi, me lo ripete mio padre tutti i giorni. Lo so che tutto questo finirà, e a prescindere dai cocci che dovremo raccogliere, la vita andrà avanti, le occasioni si presenteranno alle nostre porte, e noi dovremo essere lì, pronti ad aprire. Ma il non sapere è devastante. Impegnarsi senza sapere se quell’impegno ci verrà riconosciuto, se avremo la possibilità di archiviare questo anno accademico e cominciarne uno nuovo, se quel pezzo di carta arriverà, e potremo almeno indossare la corona di alloro nel soggiorno di casa. Ci siamo adattati a questa situazione, perché avevamo fiducia, speranza, voglia di fare. Abbiamo stravolto le nostre vite, da fine febbraio viviamo praticamente chiusi in casa, chi da solo, chi con la propria famiglia, chi con altri studenti o amici, ma non ci siamo lamentati, non abbiamo preteso niente, perché i nostri problemi erano briciole in confronto a quelli dei malati, o degli operatori sanitari. Ma quello che chiedo, che chiediamo, è soltanto un po’ di rispetto. Mentre tutti parlano del liceo, delle scuole medie, delle elementari, noi aspettiamo ancora. Riceviamo solo delle ipotesi, dei non so, si vedrà, dei forse a non finire. Ma se davvero il futuro appartiene ai giovani, quei giovani andrebbero presi in considerazione. Ascoltati, magari. Perché non stiamo chiedendo di poter organizzare le feste di laurea o di tornare in discoteca. Stiamo chiedendo di poter proseguire il nostro percorso di studi con dignità. Senza essere assimilati a dei robot, e senza sentirci quelli della generazione sfortunata soltanto perché una pandemia, come una fottuta guerra, ha ristabilito la supremazia del dio denaro. Prima paghi, poi forse ricevi. Eh no. Perché se il futuro è anche nostro, noi ce lo veniamo a prendere.

14 pensieri su “Chi siamo noi?

  1. Mi ritrovo nel testo che hai scritto… sono un laureando in Scienze ambientali / Geografia a Milano e la situazione è parecchio complicata anche per me che sto scrivendo la tesi a pezzi visto che le biblioteche sono chiuse… oltre al problema principale della mancanza delle date della sessione estiva (probabilmente a distanza).

    • Io dovrei laurearmi a luglio e per fortuna nel mio corso non è prevista la tesi ma solo un testo scritto da consegnare sul momento, ma è tutto in forse… reperire il materiale poi è impossibile

      • Se nella mia Università verrà confermata la tesi a distanza per luglio (cosa molto probabile), non dovrò neanch’io fare la discussione ma inviare solo il file.
        Per il materiale è parecchio complicato, poi io nel caso di studio devo fare delle interviste, fotografie e parlare con delle associazioni. Al momento tutto questo è impossibile da fare.

  2. E’ un periodo complicato per ogni tipologia di persone, credo che si debba tentare di capire le perplessità anche di coloro che devono prendere decisioni, o le difficoltà di coloro che si devono adattare ad esse (mi riferisco ai professori).
    Certo che i ragazzi, specialmente i maturandi o chi deve sostenere lauree universitarie, ne sono le principali “vittime”, ma davvero non vedo facili alternative al momento.
    Tieni duro Penny/G, in bocca al lupo.

    • Certo, mi rendo conto pienamente, ma la sensazione è quasi quella di non esistere affatto… dei maturandi ne parlano tutti i giorni, cercano di dare rassicurazioni, noi siamo venuti a sapere daj giornali che forse non torneremo in aula neanche a settembre, per chi dovrebbe fare delle scelte importanti è pesante…
      Crepi il lupo 😘

      • Mi basterebbe avere la certezza di non dover interrompere o rovinare il percorso fatto, davvero tutto qui.. aspetteremo notizie. Il tuo tifo mi accompagna sempre 🥰

  3. Cara Penny ho letto tutto e anche i commenti. Non penso proprio tu corra il rischio di perdere quanto fatto fin’ora, anzi, mi pare ci sia la volontà di tenere ben conto della fatica che fate quotidianamente, come tutti del resto. Non ci sono certezze? E chi le ha? A partire dai virologi, che stano cercando di analizzare questa nuova creatura, per tutto il resto si va a tentativi. Non farti prendere dallo sconforto, mi raccomando! Di voi non si parla? E voi chiedete. Credimi, nella vita, anche senza virus, saranno tante le volte in cui ti dovrai inventare una soluzione 🙂

    • Certo, so che nessuno ha certezze, ma vista dal nostro punto di vista c’è molta confusione sul da farsi… so che si starà facendo il possibile ma anche chiedendo, sollecitando e quant’altro abbiamo ricevuto solo “vi sarà comunicato”, intanto un mese e mezzo sono già andati… poi lo sconforto lo si mette nel cassetto e si continua a lavorare ovviamente 😘

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