Dopo una prima stagione degna e meritevole, tanto che mi sono sbilanciata in un elogio alla trama, ai personaggi, ai colpi di scena, giunti alla quarta (e dubito ultima) stagione mi sento di dovere delle scuse. Riverdale è diventata una delle serie TV più surreali e grottesche mai viste. Vi devo riassumere la storia? Ben volentieri. Se i primi undici episodi facevano presagire un prodotto thriller, certo, un po’ sui generis, un po’ adolescenziale, ma comunque ben costruito, ormai nemmeno il genere è più definibile. Risolto il mistero dell’omicidio di un ragazzo, si apre tutta una serie di eventi tragicomici che ad elencarli forse scriverei un romanzo. Prima un boia mascherato che va in giro ad uccidere gente a caso, poi le bande di spacciatori con le toppe sulle giacche per riconoscersi, poi le suore che rinchiudono e drogano i pazienti, ancora Gryphons & Gargoyles, un gioco di morte che risale a cinquant’anni prima, poi una fattoria che ipnotizza le persone per estrarre e vendere i loro gli organi. Protagonisti di tutto questo? Dei ragazzi liceali minorenni e dei genitori che o sono dei pazzi criminali, o sono degli infiltrati dell’FBI, o muoiono. Ma andiamo nel dettaglio. Betty, l’eroina della prima stagione, quella in grado di risolvere i misteri meglio di Miss Marple, quella capace di maneggiare un revolver o disinnescare una bomba con una forcina per capelli, si è ritrovata dall’oggi al domani con un fratello che scopre non essere suo fratello ma un pluriomicida, e un altro fratello, questa volta vero, che lavora per i servizi segreti americani. Jughead, che non sembrava niente di così lontano da un ragazzo cresciuto in un quartiere malfamato, si trasforma nel capo della gang di suo padre, indossa una giaccia con un serpente verde gigante stampato sopra, e a richiesta offre servizi di supporto ai pestaggi e alla lotta libera. Archie, che per un ottanta per cento delle puntate recita a torso nudo, ha dimostrato di avere otto vite più dei gatti, viene menato, pugnalato, aggredito da un orso, perseguitato da un malavitoso, ma ogni volta resuscita. Così, in mezza giornata. E si diletta in combattimenti clandestini di boxe, allenamenti di football, e corse notturne per la foresta. Veronica, che pareva il personaggio più promettente, quello su cui poter fare leva per una trama, non dico interessante, ma quanto meno decente… Veronica è un totale disastro. Complice degli affari sporchi di suo padre, che in una notte decide improvvisamente di comprarsi l’intera città, Veronica finisce a gestire un locale notturno clandestino, assumendo suoi coetanei rigorosamente minorenni, e dopo l’arresto di entrambi i genitori continua a vivere in pace, da sola, come se niente fosse. Ah, poi c’è Cheryl. La sorella del ragazzo morto nella prima stagione, la figlia dell’omicida, quella che ad oggi dovrebbe come minimo piangere sulla sua tomba e cercare di ricostruirsi una vita. Invece scopriamo nell’ordine che: sua madre gestisce un bordello in casa sua, ha collaborato con il boia mascherato, e progettava di sterminare la città; suo padre aveva un gemello sconosciuto che compare dal nulla e si piazza nel suo salotto; viene richiusa in un istituto di suore dai due appena citati perché omosessuale, dove viene drogata e rincretinita a dovere; nel contempo continua a essere la cheerleader della scuola, felicemente fidanzata con una tizia dei sobborghi cittadini, e vive in un inquietante castello ombroso con la nonna immortale che strilla ogni tre puntate, e con il corpo imbalsamato del fratello ucciso conservato in cantina. Scene ricorrenti sono quelle di sesso tra adolescenti, tra i cliché più visti nella storia della televisione, e quelle a sfondo musicale, dove un montaggio su un jingle imbarazzante incastra insieme omicidi, incontri di boxe, cene in famiglia e lezioni a scuola. Non saprei nemmeno cosa salvare di tutto questo. Davvero, sono in difficoltà. E il bello è che il pubblico rimane incollato allo schermo, perché la follia di un copione che pare scritto sotto effetto di allucinogeni, in fondo, cattura. Eccome se cattura. Ci si aspetta da un momento all’altro un nuovo boia, un lupo mannaro, un attentato chimico o un torneo di briscola cittadino. Scene degne di merito? Troppe per essere ricordate. Un esempio chiarificatore è certamente un capo della fattoria trafficante d’organi, che progetta di fuggire dalla polizia nientepopodimeno che su di un razzo. Un razzo che si è rigorosamente costruito da solo. Vestito come Capitan America della Marvel. E che viene ucciso dalla madre di Betty sul tetto di un palazzo, prima dell’arrivo in suo soccorso di una banda di mercenari.
Se state quindi cercando un esempio su come rovinare drammaticamente una serie televisiva, questa fa decisamente al caso vostro. Troverete tutto. Dal soprannaturale al trash purissimo per adolescenti, dalle scene pseudo-serie alle follie prive di senso.
Dispiace solo per Luke Perry, padre di Archie nella serie, che si è meritato un ottimo, davvero ottimo episodio in sua memoria, recitato benissimo, forse proprio perché poco recitato, ma molto sincero. Le lacrime degli attori erano vere, e il vuoto che Luke ha lasciato prescinde dalla qualità della serie, dal suo personaggio e dal suo ruolo. È un vuoto reale, e in quanto tale è stato omaggiato con dedizione, questo, e soltanto questo, agli autori lo riconosco.
Penso sia la serie più trash che abbia mai visto. Ho abbandonato a metà della seconda stagione.
Però ho visto l’episodio dedicato a Perry. Come hai detto è stato molto toccante
Io ho resistito fino a metà della terza poi mi sono arenata hahah