Il concerto di Elisa a Bologna

Un lunedì sera, a Bologna, nel palazzetto dell’Unipol Arena, ho realizzato uno dei miei sogni più grandi dell’ultimo periodo. Era da un po’ che lo aspettavo, da un po’ che, ascoltando quelle canzoni con le cuffiette, immaginavo come dovesse essere in concerto. Così ho cercato qualcuno che mi accompagnasse, perché non ho mai il coraggio di andarci da sola, e con un’amica ho comprato i biglietti per la data a Bologna, la mia città. Siamo entrate, ci siamo sedute quasi sotto al palco, ci siamo divise un barattolo di popcorn, abbiamo chiacchierato del più e del meno. In fondo era un po’ un regalo, il suo, perché di Elisa non conosceva che qualche brano famoso, ed era come se la vedesse per la prima volta. Ma quando è salita sul palco all’improvviso, ancora in felpa, per annunciare l’artista di apertura, ho capito che quella sarebbe stata una bellissima serata. Ha aperto il concerto Michael Leonardi, cantautore italo-australiano per me sconosciuto, che ha saputo creare la giusta atmosfera accompagnandosi con il solo pianoforte. Bravo, bravissimo, ma come spesso accade durante gli opening l’attenzione era rivolta altrove. Alle nove e un quarto la voce di Elisa ha invaso il palazzetto, identica a quella che da sempre fuoriesce dalle mie cuffiette, o dalle casse dello stereo dell’auto, perfetta come nei dischi incisi, intonata dall’inizio alla fine, a tempo come un metronomo. E’ un’artista che ammiro tanto, ma non avrei mai immaginato un concerto talmente vario, strutturato, emozionante, e pieno di musica. Un repertorio che dagli anni Novanta arriva fino ad oggi, senza tramontare mai, attuale come se gli anni non fossero mai passati, e lei fosse ancora una ragazzina scatenata sul palco, ma con due figli che la aspettano a casa, la quotidianità della famiglia a cui tornare, un lavoro magico a cui ha dedicato gran parte della sua vita. Ha donato al suo pubblico momenti incredibili, dall’intramontabile Labyrinth a Se piovesse il tuo nome, da Broken a Soul, da Gli ostacoli del cuore a Se piovesse il tuo nome. Ha suonato il piano, le percussioni, la chitarra acustica e la chitarra elettrica, ha corso lanciando la giacca, si è fermata ad ascoltare l’Arena, ha prolungato il concerto fino alle due ore e mezza piene. Se non è questo il saper tenere un palco, non so che cosa sia. Ed è stato toccante cantare In piedi, canzone contro la violenza sulle donne, a tratti gridata a gran voce, perché il messaggio possa finalmente giungere a destinazione. Da brividi i filmati che hanno accompagnato le esibizioni, volti di personaggi famosi, Michelle Robinson, Chlöe Swarbrick, Malala Yousafazai, e folle di persone in protesta, uomini e donne abbracciati, braccia alzate, cartelloni scritti con un pennarello che hanno aiutato a parlare la musica. Elisa è questo, sa raccontare l’amore ma anche i valori più universali, in una maniera tanto semplice quanto efficace, con un quartetto d’archi alle spalle, un microfono e uno schermo con cui giocare. A volte i testi dei brani meno noti, da leggere avvolti nell’atmosfera, altre volte immagini tratte dalla sua vita quotidiana, video da conservare per ricordo, altre volte ancora facce note, come l’ambientalista Greta Thumberg, o l’ologramma di Carl Brave a duettare con lei. Per tutto il concerto quel palco è stato magico. Un punto di incontro dell’arte in tutte le sue forme. Ed Elisa è stata perfetta a trasmetterla. Un’anima da palcoscenico, un’anima da cantante, che chiacchiera poco ma parla con la musica, un’anima piena di gratitudine e di talento, che ha addosso più di vent’anni di carriera, esperienze, dischi, concerti, ma come il primo giorno continua a dare tutta sé stessa. Tutti mi dicevano che la sua voce sarebbe stata incredibile. Già, come negarlo. Una voce che da sola riempirebbe il palazzetto, senza strumenti attorno, senza gli applausi del pubblico o i cori. Una voce che attraversa le note, e ogni volta rende la canzone diversa. Una voce che si accompagna a tutti gli strumenti, a tutti i generi, e non trema mai. Una voce dal timbro unico, che si adatta all’italiano come all’inglese , e non la fa mai sembrare come due cantanti in un corpo solo. Elisa è Elisa, sempre. Anche nel suo modo buffo di ringraziare, inchinarsi al pubblico e salutare. E’ stato un concerto bellissimo, in cui ho cantato ma ho anche ascoltato in silenzio, incantata dall’averla così vicina e di poterla sentire come se fosse accanto a me. E pensare che solo pochi giorni prima sono uscite le classifiche del 2019, e proprio Elisa è risultata l’artista italiana più ascoltata su Spotify. Mi sono sentita orgogliosa, perché non sono tanti i ragazzi di vent’anni che la conoscono, e che in quel lunedì sera erano sotto quel palco ad ascoltare. Eppure c’erano. C’erano ragazzi e famiglie, coppie e gruppi di amici, tutti insieme stretti nell’Arena e uniti dalla magia della musica.

Grazie ad Elisa, e al mio coraggio per aver finalmente assecondato quel sogno che mi portavo dietro. Del resto non è un caso se Gli ostacoli del cuore è stata la prima canzone che ho imparato a suonare, canticchiando, con la chitarra…

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4 pensieri su “Il concerto di Elisa a Bologna

  1. E brava la mia concittadina (anche se in realtà sono io ad essere suo concittadino… ihihi) mi fa piacere leggere quello che hai scritto… di posso dire un altra cosa bella di lei se vuoi (anche se io non la conosco direttamente) e che quando viene in città la trovi al supermercato in tuta come una qualsiasi e che ogni anno partecipa alle varie feste dei paesi limitrofi con i figli in mezzo alla gente… onore a quella che oltre ad essere una grande artista evidentemente è rimasta anche una bellissima persona!!!

    • Che bella cosa! Spesso un artista lo apprezzo ancora di più se è una bella persona e anche se non la conosco, Elisa sembra esserlo su tutta la linea. Ho seguito le sue apparizioni come coach ad Amici, e tralasciando il programma in sè l’ho vista molto sincera e buona… la immagino proprio con i figli come una famiglia qualsiasi, è bellissimo

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