Venezia, se potessi bere la laguna…

Non conosco nessun veneziano, ma conosco Venezia. Oddio, conosco… ci sono stata da bambina, ho ancora le foto delle gondole, della cattedrale di San Marco, del Ponte dei Sospiri. Una città che incanta, una città fragile e preziosa, una città da proteggere che rischiamo di perdere, ogni giorno di più. Se ne potrebbe parlare per ore, forse addirittura anni. Si potrebbe iniziare da quei turisti decerebrati che hanno deciso di farsi il bagno in piazza San Marco, mentre un’intera città crollava sotto il peso dell’acqua. Turisti incoscienti e persone ignoranti, che hanno riso mentre si stava consumando una tragedia. Poi si potrebbe provare a spiegare perché Mose, quell’innovativo sistema di dighe progettato per salvare Venezia, non sia mai entrato in funzione. Eppure è costato sei miliardi di euro allo stato, soldi dei cittadini finiti in paradisi fiscali, mazzette e tangenti. Oppure si potrebbe discutere sui cambiamenti climatici, confutare chi ancora non ci crede o pensa che sia una bugia dei cinesi, una propaganda di Greta Thumberg o una moda. L’alta marea ha superato un metro e ottanta di altezza. Non accadeva dal 1966. È l’ennesimo disastro ambientale, imprevedibile, irrefrenabile, indescrivibile a parole. Ecco perché parlarne è inutile. Non sono nessuno per raccontare un dramma che non ho vissuto. Sento spesso dire beh, vivi a Venezia, dovresti conoscere le maree. Il mare non fa sconti nessuno. Puoi trascorrere anni a studiarlo, ma non lo conoscerai mai del tutto. Venezia è una perla, ma prima di tutto una città, una città che non è pronta ad affrontare fenomeni estremi, una città che è stata travolta dalle onde del mare aperto, una città che come una rete di arterie ha portato l’acqua al cuore, alla Cattedrale di San Marco. Ha ricoperto i pavimenti, aggredito i mosaici, indebolito le colonne, e rompendo le finestre è penetrata giù, dentro la cripta, distruggendo un patrimonio artistico dal valore inestimabile. Quanto ancora potrà risorgere? Venezia non è nata per questo. Non è in grado di sopportare la violenza del mare, il suo corpo è solcato da dolci canali, corsi d’acqua tranquilli, barche leggere che volano sulle onde. Quello stesso mare che la rende così speciale, può distruggerla in una notte. Dicono che Venezia sia destinata a scomparire: io non credo al destino. Io credo che tutti abbiano una parte di responsabilità. È impossibile che nonostante il progresso, nonostante le conoscenze, nonostante le ricerche continue, ancora non si sia trovato un sistema in grado di difendere una città dal mare. E dire che l’idea c’era, esiste dagli anni Ottanta, ma nessuno è riuscito a realizzarla del tutto. Cosi stiamo perdendo Venezia pezzo dopo pezzo, e piangiamo sui monumenti rovinati, sulle gondole rotte, sui ponti allagati. Ma intanto i cittadini piangono le proprie case, le proprie attività, i ricordi di tutta una vita spazzati via. E nessun risarcimento riporterà indietro tutto questo.

Ho visto un filmato che mi ha colpita. Pochi secondi, due o forse tre.

E in questi pochi secondi ho visto l’ombra della morte. Un uomo ha perso la vita folgorato. Non credo che abbia potuto registrare una testimonianza, ma lo immagino esattamente così. Un assurdo controsenso, una natura che si ribella all’uomo, un mondo che circola al contrario. Esattamente come una presa elettrica che non trasmette corrente, bensì acqua salata. E noi che stiamo sempre attenti a non bagnare alcun filo, noi che veniamo cresciuti con il timore delle scintille, noi che ci preoccupiamo di non portare neanche un bicchiere intorno alle prese elettriche… Noi vediamo l’acqua sgorgare da quei tre buchi, violenta, come una cascata. Quei tre buchi in cui non abbiamo mai infilato le dita, perché da bambini ci dicevano che saremmo morti fulminati. Ecco. Forse avevano torto. Perchè si può morire fulminati anche per l’alta marea. Eh sì, perché l’acqua inizia a entrare da ogni parte, si infila sotto la porta, sfonda le finestre, risale dal gabinetto, e non puoi fermarla con una mano, non puoi dirle di aspettare, perché non sei pronto a riceverla. La osservi entrare e portarsi via tutto. Non puoi fare niente. E per me è questa la cosa peggiore: l’impotenza davanti alla distruzione.

Non ho la verità in tasca e non ho soluzioni, ho soltanto un pensiero a tutti i cittadini di Venezia, ai lavoratori, alle famiglie, a chi in una notte si è trovato con una vita nuova, diversa. Conoscevo di fama un ragazzo, un pescatore, pieno di passione, che dopo tanti sacrifici era riuscito ad aprire il suo ristorante. Ma il suo locale si è allagato, completamente. Non è ingiusto? Non è inconcepibile? Non sembra quasi un accanimento contro chi ha meno colpe di tutti, e lavora sodo ogni giorno per costruirsi un futuro? Non sarebbe forse il momento di garantire a tutti quel futuro?

6 pensieri su “Venezia, se potessi bere la laguna…

  1. La vera ingiustizia di Venezia è stata lo spreco di soldi per un Mose che non si sa neppure se mai funzionerà, e di tutte le tangenti versate agli amministratori locali per vedere partire l’opera.

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