Inizio pensando all’estate e poi divago

L’estate per me non ha vie di mezzo. È come un bicchiere che può essere solo pieno o vuoto, mai riempito per metà. È un periodo di stallo tra il finire di un anno di studio e l’inizio del successivo. È una parentesi al cui interno scrivo soltanto puntini di sospensione. Perché effettivamente il tempo mi sembra sospeso. Vivo l’estate come se fossi ogni giorno in una sala d’aspetto, in fila, in attesa di essere chiamata. E da chi? Da cosa? Da qualche evento importante, qualche viaggio, qualche festa notturna. Ma poi torno sempre lì, sulla stessa sedia e con un numero in mano. L’estate non è mai stata la mia stagione preferita e non lo sarà mai. Mi rifiuto di immaginare che io possa cambiare opinione. L’estate così calda, lenta, monotona, stancante, in cui solo di notte si può sedere sul terrazzo e guardare il cielo, in cui le città si svuotano e le strade sono labirinti abbandonati. Certo, si va in vacanza, al mare, in montagna, dove si vuole. Ma è una parentesi nella parentesi, non è la vita quotidiana, quella che ha un’incredibile capacità di sorprenderti quando non te lo aspetti, la vacanza è un periodo straordinario, nel senso di fuori dall’ordinario, e non ti sorprende quasi mai. Perché le aspettative crescono, in estate, ma è difficile che vengano realizzate. Ogni volta che arriva il solstizio d’estate mi ritrovo a fare progetti, a sognare in grande, a desiderare di vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo della mia vita, e invece che faccio? Tutto quello che durante il resto dell’anno non ho il tempo di fare. Leggo un libro dopo l’altro, recupero qualche film, guardo un paio di serie TV che avevo trascurato, scrivo, ascolto musica, quei vinili che avevano preso polvere da quando li avevo sistemati nel mobile, poi cammino, faccio chilometri con la borsa sulla spalla e gli auricolari. Meno vita sociale, più vita con me stessa. È strano. È anticonformista, si può dire? A vent’anni molti miei coetanei escono tutte le sere, tornano a casa all’alba, non si perdono una festa in discoteca, vanno al mare, andata e ritorno in giornata, anche se sono in tutto quattro ore di autostrada. Loro vivono a duecento chilometri orari, io sono un bradipo in letargo nella mia camera. Lo so, dovrebbe esistere una via di mezzo, una strada intermedia da percorrere. Ma non me ne sto certo barricata in casa, non vivo da eremita, isolata dalla società. Quegli amici che non partono per le vacanze a luglio li vedo, e non mi dispiace uscire con loro, anzi, ne sento il bisogno. Ma avete presente quella voglia pressante di farsi anche un po’ i fatti propri? A volte sembra che per la società sia strano rimanere a casa con un buon libro, o sedersi al parco con la musica nelle orecchie. A volte sembra che sia strano uscire da soli, fare shopping da soli, mangiarsi un gelato da soli. Non è limitante come cosa? In estate io vivo principalmente di questo. Mando a quel paese i limiti immaginari che sembrano esserci imposti, e sapete una cosa? Faccio talmente tante cose che la sera a volte sono perfino stanca. So che a settembre rimpiangerò tutto il tempo libero dell’estate, so che mi mancherà poter leggere tutto il pomeriggio, svegliarmi con un bel disco a basso volume, uscire quando ancora non c’è nessuno in giro e camminare senza una meta. A settembre a mala pena riesco a sentire i miei pensieri, la vita frenetica da universitaria mi toglie tutti quei momenti per poter stare da sola, e io ne sento la mancanza, sì. È strano? Pazienza. Non sono quella persona che si fa accompagnare perfino in bagno, gli obblighi sociali mi opprimono, non vedo scritto da nessuna parte l’obbligo di uscire, di fare caciara fino a notte fonda, di divertirsi rumorosamente con gli altri. Sarò cieca io. Lo faccio, ed è bello, ma non mi pesa saltare un appuntamento per potermi fare i fatti miei. Perfino mia zia mi ha chiesto spiegazioni. Assurdo. Come se stare a casa di sera fosse una cosa da matti. Non pretendo di cambiare la mentalità della massa, ci mancherebbe, non ne sarei nemmeno capace, ma mi chiedo se tutte queste persone siano effettivamente in grado di divertirsi anche da soli. Leggere un libro, guardare un film, coltivare una passione concreta nel tempo libero che ci viene concesso… non è strano. Non è da matti. E il fatto che mia zia sia riuscita quasi a farmi sentire in colpa per questo, sbagliata solo perché stavo per guardare un film con i miei genitori, mi fa riflettere tanto. È come se fossimo tutti degli influencer, con l’intento di plasmare una società fatta di soldatini tutti uguali, uniti nella stessa marcia. E chi si astiene, chi si siede per riposare, non è che un pezzo rotto o difettoso. In estate, io sono quel soldatino che si siede per riposare. Ma quel soldatino ascolta ancora le chiacchiere altrui. Imparerà a fregarsene, una cosa alla volta.

32 pensieri su “Inizio pensando all’estate e poi divago

  1. Ciao Penny , io sono d’altri tempi e non faccio testo, ma mio figlio, un poco più grande di te, è esattamente come te
    Un libro, un film, camminata in solitudine….mi sono sempre chiesta se questo suo piacere di solitudine sia dovuto al fatto che è figlio unico
    Per carità ha amici e fa le sue serate in compagnia, ma ama molto i suoi spazi in solitudine

  2. Sono esattamente come te. Mi è piaciuto molto questo articolo.
    Addirittura una mia amica mi ha detto: Non è bello che passi le giornate a scrivere come Leopardi. Giuro che se potessi campare, soltanto scrivendo, vivrei sicuramente meglio. Ahah

  3. Idem per me, l’estate non è la mia stagione preferita 😦 però cerco di cogliere tutta l’originalità di un gesto sorprendente come per esempio impazzire e andare a mare con gli amici 😛 e rappresenta per me la stagione del pensiero, dove tutto sembra apparentemente fermarsi… però ho la fortuna, in parte, di decidere l’andare del mio tempo e con la mente sono proiettato già a settembre 🙂

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