Caro Babbo Natale

Caro Babbo Natale,

a te non credo più da un po’ di anni. ma volevo ugualmente lasciarti qui un saluto. Sei stato il frutto della mia immaginazione, un amico che ad ogni Natale mi spaventava, lasciando cadere pacchetti enormi da una finestra che ritrovavo aperta, nel buio, a casa di mia zia. Ricordo di averti creduto, di aver sempre avuto timore ad entrare nella stanza, perché non volevo quasi vederti, rovinare il tuo compito solitario di rendere felici i bambini. Non mi ponevo domande, allora, e credevo a mio zio quando mi indicava le stelle, e mi faceva scorgere nell’infinito universo la scia della tua slitta, più luminosa, e chissà quale costellazione era… Mi manca, sai? Mi manca aspettarti, trovare sui pacchetti il tuo nome, non pensare ai soldi che gli altri hanno speso per me, non dovermi nemmeno impegnare per cercare il regalo giusto, il biglietto giusto, la carta giusta. Si andava tutti a cena, a casa di mia zia, e mio padre inseriva i dischi di musica natalizia, Andrea Bocelli e Michael Bublè per tutta la sera. La tavola veniva imbandita, l’albero era spoglio di regali, non ve n’era ombra da nessuna parte, o forse non me la ricordo perché nessuno mi ha mai portata nella stanza chiusa, quella da cui entravi tu. Ero grata a te, soltanto a te. Poi ho iniziato a capire, a cercare una spiegazione razionale in tutto, e ti ho perso così. L’ho scritto in un tema a scuola, il primo anno delle scuole medie, e mia madre si è commossa leggendolo a tutti, perché in fondo non ero più la loro bambina, quella che credeva a Babbo Natale.

Oggi siamo tutti un po’ Babbi Natale, tutti alla ricerca dei regali, tutti in affanno, in fila al supermercato all’ultimo minuto, con le padelle sul fuoco e i fiocchi intrecciati. Oggi siamo tutti più distratti, ci dimentichiamo di accendere le luci dell’albero, di mettere Gesù Bambino nel presepe a mezzanotte, di firmare i biglietti, di portare qualche disco di musica natalizia con noi, perché migliorino l’atmosfera. Oggi ogni regalo ha un prezzo per tutti, è inevitabile fare qualche conto in tasca, o scrivere la propria letterina non più a te, Babbo Natale, ma ad amici e parenti che annaspano tra le idee. Che cosa vuoi per Natale? Una carta regalo? Una cesta di cibo? Un libro? Un telefono nuovo? Un gioiello?  Il Natale è anche ansia, senza di te. Prima ti occupavi di tutto, e riuscivi senza farti vedere a renderci tutti felici. Non lo dimentico.

Ora che non sei più tenuto a passare da me con la tua slitta, vorrei soltanto chiederti un ultimo piccolo e modesto favore, e se non potrai, non questa notte, mentre starai volando nel cielo, se non potrai domani, tuo primo giorno di riposo, te lo lascio scritto qui. Babbo Natale, a me piacerebbe che tu riportassi un po’ di magia. Dove non c’è più speranza, dove nessuno crede più, dove si è spento l’entusiasmo per la vita o dove c’è troppo dolore, ti prego di donare un po’ di gioia, un piccolo aiuto, una mano tesa. Dove c’è la guerra, io ti prego di riportare la pace. Dove c’è povertà, aiutaci a ritrovare qualche moneta in più. Dove c’è egoismo, insegnaci il bello di stare insieme, camminare insieme, porgersi il braccio e sorreggersi, senza lasciarsi mai. Dove c’è tristezza, presta la manica della tua giacca rossa, quella calda e pelosa, perché tutti possano asciugarsi il viso. Dove non c’è più desiderio, ti prego, fa’ in modo che qualcosa lo riporti in vita, con la voracità di coloro che hanno un obiettivo da realizzare. Dove non ci sono più sogni, puoi forse donarli? Se non puoi, aiuta tutti a tornare un po’ sognatori. Lo sai come si fa, tu conosci i bambini, quell’entusiasmo che li rende capaci di vedere l’impossibile ad un palmo di naso, tu sai che i sogni sono il motore della vita, sono come respiri, senza i quali alzarsi dal letto ogni mattina non ha più senso. E dove c’è mancanza, cerca a modo tuo di colmarla, siediti accanto a quelle persone, ricorda con loro i momenti felici, abbracciali come se dentro di te potessero ritrovarsi, stringili forte, come si stringe una persona cara. E dove c’è distanza, regala biglietti del treno, il coraggio di partire, di riempire una valigia di parole, quelle non dette ma mai digerite, ancora lì sulla punta della lingua che scottano. Dove c’è lontananza, aiutaci ad abbatterla. Tira un calcio ai muri, scardina le porte, spalanca le finestre, anche se fa freddo, anche se forse non basta per comunicare. Babbo Natale, se puoi, spiegaci l’amore. Mostraci quanto è facile aiutare il prossimo, con un piccolo gesto che non ci costa fatica, ma che potrebbe cambiare a qualcuno la giornata. Mostraci quanto è semplice sentirsi tutti parte della stessa famiglia, senza odio inutile, senza discriminazioni assurde, senza ingiustizie. Mostraci quanto è facile prendersi per mano e confrontarsi, trovare un dialogo, spiegare le proprie ragioni, confessare i propri sentimenti senza la paura di essere giudicati. Noi lo possiamo fare. Possiamo creare questo mondo migliore, realizzare un’utopia. Io ci credo. Ma tu, che parli con i bambini meglio di tutti, tu adulto ma con un cuore pieno d’infanzia, distribuisci un po’ di gioia, anche se non può arrivare ovunque, anche se qualcuno prova ancora a respingerla, anche se c’è chi apre l’ombrello sotto al sole.

Ti chiedo solo questo, Babbo Natale.

Ora devi scusarmi, sono tanto di fretta, c’è il cenone da preparare, gli auguri da fare, le chiamate a cui rispondere, il regali da impacchettare, il biglietto da firmare, i dischi di musica natalizia da spolverare, e magari qualche parola da dire, perché in fin dei conti è Natale, e durante l’anno ne ho segnate tante tra gli appunti. Ti devo lasciare, Babbo Natale, e spero che tu possa ricevere questa mia lettera tardiva. Perdonami se mi sono contraddetta, può capitare. Non lo so se ci credo. Ma io scrivo a te ed è come se scrivessi al mondo.

Grazie, Babbo Natale. E tanti auguri.

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