Storia di una ladra di libri, Zusak

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Nella mia religione ci viene insegnato che ogni cosa vivente, ogni foglia, ogni uccello, è viva solo perché contiene la parola segreta della vita. Questa è l’unica differenza tra noi e un pugno di creta… una parola. Le parole sono vita.

Solitamente non piango mai davanti ad un libro. Mai. Ma sulle ultime pagine di questo romanzo sono scoppiata in singhiozzi irrefrenabili. E’ un romanzo d’amore. No, non d’amore, di affetto. E di affetto per i libri. E di lealtà. E di coraggio. E di guerra.

Liesel è appena una bambina quando incontra la Morte per la prima volta: è il 1939, la guerra è agli albori, è inverno pieno, e il fratellino muore durante un disperato viaggio in treno verso la salvezza. E’ qui che Liesel incontra la Morte, ma anche chi la proteggerà da essa: è un libro, il manuale del becchino, che salva dalla neve affascinata dalle pagine, dalla copertina, e dalle parole che non sa leggere. Per salvarle la vita, la madre affida Liesel ai coniugi Hubermann, con cui condurrà un’ipotetica vita normale andando a scuola, imparando a leggere con il papà Hans, e aiutando di tanto in tanto la mamma Rosa con il bucato. Liesel costruisce un saldo rapporto con Hans, a cui deve una passione sfrenata per la lettura e per i libri, e con il vicino di casa Rudy, compagno di scorribande. Ma la guerra avanza, Liesel entra a far parte della Gioventù Hitleriana, e con addosso un’uniforme è costretta ad assistere ad una tragica esecuzione: il rogo dei libri proibiti, che il Reich considera nocivi e inquinati. Le fiamme bruciano centinaia, migliaia di parole, di pagine, di copertine, e nella desolazione successiva, nel silenzio, alla fine del macabro spettacolo, Liesel salva un libro rimasto intatto e coperto di cenere. Si tratta di “L’uomo invisibile” di Wells. E’ proprio questo volume, una comune conoscenza tra lei e la moglie del sindaco Ilsa, che le aprirà le porte della sua biblioteca personale, rifugio dalle persecuzioni razziali e dalla realtà sanguinosa che si sta trasformando poco lontano. Liesel cresce protetta dall’odio, dai valori distorti, dalla guerra, cresce con i libri, con un ebreo rifugiatosi nella sua cantina, con i bombardamenti sulle città che rimbombano nelle orecchie. Come una sua personale battaglia, Liesel legge un volume dopo l’altro, affamata della cultura che la guerra sembra portare via. Incontrerà la Morte una seconda volta, tra le macerie della sua cantina, ma l’anima pura verrà risparmiata dalla Morte per farne il primo bagliore di speranza verso la pace. E’ emblematico che sia proprio la Morte la narratrice del romanzo, davanti alla cui storia si sofferma a chiedersi che cosa significhi vivere: la sua unica certezza è di essere perseguitata dagli esseri umani.

Ecco che il romanzo torna ad essere un drammatico dipinto di guerra, come la piazza desolata dopo il rogo dei libri proibiti, e la vita di Liesel può ricominciare in una nuova direzione. Solo una cosa non può sparire: i libri. Quei libri che hanno dato a una bambina il coraggio e la determinazione per affrontare la morte di un fratello, la Morte, la Seconda guerra mondiale. Romanzo di guerra e d’affetto che ha il primato di avermi fatto piangere come una bambina. Una Liesel che aveva capito prima di tutti la forza delle parole, contro le urla, il fuoco, le bombe, la guerra, lo aveva capito ancora prima di saperle leggere. Una Liesel ladra di libri. Ma ladra buona.

Il film è una riproduzione fedele del romanzo, l’ho visto con qualche indugio, aspettandomi una versione stravolta o troppo al di sotto del libro cartaceo. E invece ho apprezzato tutto, la veridicità, la fedeltà, il non voler cambiare nulla, nemmeno la Morte come narratrice fuoricampo e il suo incipit delle prime pagine. Certo, non ho pianto nella sala del cinema. Il merito dell’emozione più forte lo avrà sempre il libro, profumato di carta, ed il mio pianto si svolgerà sempre nella mia camera chiusa, china su un libro aperto da macchiare.

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