Amy, sua figlia

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Amy, dopo aver chiuso l’ultima pagina del libro sulla tua vita, mi sembra quasi di conoscerti davvero. Lo ha scritto tuo padre, lo sapevi? Lui ti amava, mi sembra impossibile pensare il contrario. Ha scritto un libro su di te, con le sue semplici parole di tassista, nonostante il documentario di Asif Kapadia lo abbia messo in cattiva luce, nonostante abbia ricevuto negli anni tante accuse. C’è chi crede che la tua morte sia stata un poco anche colpa sua. Mi è così difficile decidere a chi credere… Hai lasciato qui una discussione complessa. Ho letto questo libro per poter comprendere, perché dalle parole di tuo padre emerge un amore incondizionato, un’ammirazione ed un orgoglio immensi per te, e una sofferenza acuta per la tua assenza, e per il vuoto incolmabile che tu hai lasciato. Tutto insieme. Fa male, perché racconta quella tua vita che le prime pagine dei giornali hanno distorto, buttandoti come un animale sulle bocche delle masse ingorde, mentre tu eri quella persona che ha pagato le cure di un uomo che non poteva permettersele, quella che ha noleggiato i cavalli a sue spese per i bambini di Santa Lucia, quella che ha donato i soldi che aveva in borsa ad una ragazza disabile, tu eri così, generosa con tutti, buona come una bambina, dolce ed un diamante fragile. Tuo padre era così fiero di te, in quei momenti. E quello che ferisce di più, é ritrovarsi a metà del libro in mezzo ad un elenco di cliniche, di dottori, di farmaci, di tentativi disperati di aiutarti e tuoi continui cedimenti, prima con le droghe e poi con l’alcol. Ci eri riuscita. Maledizione, Amy! Ci eri quasi riuscita. Non assumevi droghe da tre anni, avevi divorziato da Blake, l’uomo che ti aveva rovinato la vita, parlavi già di matrimonio con Reg, l’uomo che ti aveva aiutata a rinascere. Poi è finito tutto. Ho letto la storia della tua breve vita, lontano dai riflettori e dalle influenze mediatiche, lontano dalle false notizie e dalle ingiurie, da chi ti chiamava Amy Wino e chi si travestiva da te per carnevale. E mi sono commossa, perché noi non ce siamo quasi resi conto, ma tu eri una persona vera. Una persona che piangeva quando sentiva suo padre cantare, perché per te era il migliore di tutti, una persona che non ha mai smesso di credere che gli altri potessero cambiare, perché avevi un grande cuore, una persona che soffriva di ansia da palcoscenico, ma senza dirlo a nessuno. Tuo padre ha cercato di aiutarti, di starti accanto quando stavi male, di ripulirti quando non riuscivi a farlo da sola, di parlarti quando non volevi sentire, di farti felice quando eri triste, di stare con te quando ti sentivi sola. Forse ha commesso degli errori, forse a volte ha preferito trattarti da donna adulta, quando ciò di cui avevi bisogno era il padre di una bambina indifesa. Forse tutti hanno qualche colpa, e nessuno può dire di chi sia quella più grande. Ma tu gli manchi. Sai, nel libro parla molto di te, di quando ti portava a mangiare fuori, di quando ascoltava i tuoi dischi, di quando cantava con te, di quando ti raccontava dei nonni, di quando avete riso insieme. Ne parla come se tutto fosse successo proprio ieri, ed io sento come se tu te ne sia andata da poche ore. Assurdo, vero? È che hai lasciato il segno. Non so come sia possibile, sarà che la tua voce era inconfondibile, piena di tutte quelle emozioni che solo i tuoi occhi riuscivano ad esprimere, sarà che i tuoi brani parlano ancora di te, e di quella vita troppo breve che doveva ancora sbocciare. Avevi un dono, quello di riuscire a mettere insieme tanti tasselli della tua vita, e a cantarli come se fossero poesia, nonostante ti facessero male, nonostante fossero momenti oscuri che avresti voluto dimenticare. Tanta gente ti ama, e ti amerà sempre. Io ti ho scoperta per caso e troppo tardi, non mi sarà mai concesso un tuo autografo o un tuo concerto, così ho letto il libro che tuo padre ha scritto su di te, e per un attimo, per quei dieci secondi dopo aver chiuso l’ultima pagina, mi è sembrato di essere stata al tuo fianco ventisett’anni. È stato come leggere la storia di una persona qualunque, con i problemi di una persona qualunque, le paure di una persona qualunque, ed un padre preoccupato di poter perdere la sua bambina. È stato come leggere un lungo ricordo. Tuo padre è stato bravo, non è uno scrittore, ma in quelle pagine ti ha dipinta con una dolcezza disarmante. Si è ricordato tanti dettagli di te, come quando lo hai mandato a comprarti le mutandine, quando ti sei svegliata in ospedale e gli hai domandato se avesse voglia di pollo fritto, o quando gli hai chiesto, ubriaca, di farti le coccole. Gli hai dato tanto a cui pensare, senza dormire la notte. Blake, le droghe pesanti, l’alcol, i problemi alimentari, l’autolesionismo, era tutto su di te, su di una persona sola, e sembra quasi un’ironia che tu sia morta proprio quando tutto lo schifo sembrava sparire. Meritavi una vita migliore, ma tutti hanno una percentuale di responsabilità sulla propria felicità. È solo che… Tu eri un’artista eccezionale, una donna che sapeva davvero emozionare con la musica, ed anche se è inutile arrabbiarsi, piangere, o cercare un colpevole da punire all’infinito, è più dura senza di te. Ci credi? Lo sappiamo che ti sei impegnata, che hai dato tutta te stessa per cambiare la tua vita, che la gente spesso non lo capiva, e giudicava senza conoscere le realtà dei fatti, speculava con le fotografie rubate o le interviste mal interpretate. Ma se ancora oggi c’è chi ascolta la tua musica, chi ti cerca attraverso le vecchie immagini, chi ti vuole bene come se un giorno dovessi tornare, io credo che la tua vita abbia avuto un senso. Sono stati solo ventisette anni, e sono pochi per tutti. Eri un bene prezioso, ed é difficile imparare ad andare avanti senza di te. Per tutti. Tuo padre si è dedicato alla fondazione che porta il tuo nome, e che si occupa dei ragazzi con problemi di tossicodipendenza. Sai, credo che saresti fiera di lui, come lo eri quando saliva sul palco e cantava davanti a te. Lui ti sente, dice che ci sei ancora, accanto a lui.

Avevo pregato mia madre affinché Amy mi desse un segno, solo un piccolo segno, e sentii che queste preghiere erano state esaudite. Capita spesso, mi chiesi, che una farfalla entri in una sala affollata? E si vede spesso un merlo che saltella in una sala piena di gente e continua a tornarvi? E si sono mai visti un uccellino e una farfalla ballare insieme? È normale che una farfalla tenga il nostro passo mentre camminiamo e si ferma quando noi ci fermiamo?

Tu eri quel merlo, quella farfalla, quel segno della tua presenza nel mondo che non potrà mai svanire. E se non ho avuto modo di conoscerti, di ascoltarti dal vivo, di chiederti umilmente un autografo, oggi ho letto la storia della tua vita scritta dal pugno di tuo padre. E mi sono commossa.

Il 23 luglio 2011 Camden Town, Londra, l’Inghilterra, il mondo ha perso una stella. Ma quella stella brilla ancora, nei cuori di chi la vuole ascoltare.

La vita è breve ed io ho fatto un sacco di errori. Ho avuto spesso un atteggiamento distruttivo. Facevo una cosa sbagliata dietro l’altra. Ho sempre detto che non sono una che si pente di quello che fa, che non chiede mai scusa e non si sente mai in colpa, ma in realtà mi sento in colpa per quello che ho fatto. Credo tuttavia che le cose succedano sempre per una ragione ben precisa.

(Amy)

14 pensieri su “Amy, sua figlia

    • Grazie mille! Suo padre è stato molto discusso, addirittura ho trovato versioni opposte riguardo al concerto di Belgrado, il documentario che sostiene Amy fosse costretta a restare sul palco, e il libro che dice Amy non volesse scendere… giudico da quello che ho visto e letto, consapevole che una risposta non ci sarà mai… l’amore del padre è sincero, e come hai detto unico 🙂

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