Un’ultima lettera

Non potevo non scriverti quest’ultima lettera, anche se ho promesso a me stessa che avrei lasciato cambiare le cose. Ho tanti pensieri che devo ancora pubblicare. Ma questa lettera sarà l’ultima che scriverò pensandoti, immagine chiara, nitida nella mia testa, dopo tanto averti sognato. Ti scrivo perché forse l’anno prossimo non ci rivedremo più, ed è assurdo pretendere che tra di noi nasca qualcosa, proprio ora, che non andiamo più a scuola né ci torneremo mai. Sono state quattro le estati in cui non ho pensato ad altro che a te. Questa, sarà diversa. Ci sono gli esami di maturità, e quel viaggio in Grecia che ho scelto senza nemmeno ragionare, per la prima volta vittima dell’istinto, non nascondo di essermi pentita tante volte, perché in effetti, sì, ho paura. Quella paura che è rimasta sul fondo del mio carattere, di trovarmi con le persone sbagliate, senza una via di fuga. Sembra sciocco, lo so. Ma ho trascorso con te un anno bellissimo, al tuo fianco sempre, anche quando il banco accanto al mio restava vuoto, io ti aspettavo invano, con la speranza di vederti improvvisamente entrare con lo zaino su di una spalla sola e le sigarette tra le mani. Non volevo rimpiangere un’altra volta quanto il tempo sia trascorso in fretta, rubandomi le giornate come briciole d’oro. Ma un poco già mi manchi. È così assurdo? Ho combattuto contro tutti, perfino contro me stessa per conoscerti, ho cercato coraggio dove nemmeno ne avevo, e ho tirato fuori le unghie per cancellare quei vecchi ricordi taglienti: guardarti mi trasportava altrove, in quel passato da cui ero scappata di corsa, era nel tuo sguardo, quando non riuscivo a penetrarlo, gelido, fino a bruciare. Come te lo spiego che oggi è tutto diverso? Vorrei dirti grazie, non so nemmeno per cosa. Grazie per avermi dato l’opportunità di conoscerti per qualche pagina, di scrivere assieme qualche giornata memorabile di cui nessuno ha lasciato traccia, soltanto io, tra quelle ombre appassite, ancora vedo noi due in un negozio di vestiti, a ridere come bambine. Pensavo che sarebbe nato qualcosa, o forse era soltanto una speranza d’amore. Oggi di tutto questo resta un grazie, e la voglia insaziabile di farmi perdonare quei momenti in cui avrei voluto esserci, con un braccio, con qualche parola, ma per vergogna e per orgoglio non sono mai riuscita a guardarti negli occhi, a contare le tue lacrime, a porgerti almeno un fazzoletto. Non lo hai mai saputo, e forse è tardi, oggi, per raccontarti tutto quello che ho vissuto in cinque anni. Paura, imbarazzo, desiderio, calore, riconoscenza, era tutto così strano, per me, nuovo come un vestito troppo grande. Non sono cambiate così tanto le mie emozioni, ma oggi sono felice. È stato un anno bellissimo, e non te l’ho mai detto, avrei voluto scrivertelo, ma non trovavo le parole, avrei potuto semplicemente prenderti la mano e dirti grazie, ma tutto è finito talmente in fretta che oggi mi ritrovo senza di te, e ancora non mi manchi da morire. È strano pensare che un giorno sparirai. Eppure me lo hai detto, questa città ti ha stancato, e non posso certo dirti quanto ti appartiene, quanto ne varrebbe la pena di restare, se la tua strada è un’altra devi seguirla, ed io farò il tifo per te. Vorrei farti tante promesse, oggi, ma ritorna sempre la stessa immagine, del nostro ultimo primo giorno di scuola, non ci credevo più, ma ti ho trovata, conchiglia bellissima sulla spiaggia, ci siamo raccolte entrambe, entrambe sole: è stata una storia, così, nata per caso, come un sogno improvvisamente divenuto realtà. Voglio dirti grazie per questi cinque anni passati assieme, in cui ti ho sempre sfiorata appena, attenta a non farmi scoprire, come un’ape sul fiore che si bagna le zampe, ho bagnato i miei pensieri di coraggio e ci ho provato fino all’ultimo giorno, tranne oggi. Non ti ho chiesto di restare. Non posso. Per me sei stata tutto, indipendentemente dal significato di questo tutto. La scuola è stata un po’ la mia seconda casa, l’unica occasione per conoscerti, osservarti da lontano, e aspettare che il tuo sguardo cercasse il mio: soltanto una volta ti ho detto di no. E tu mi hai capita, in un istante il mio terrore di perderti è scivolato via come un fiume. Ho raccontato a me stessa di te le migliori cose, anche quando conoscevo a mala pena il tuo nome, ma ti ho immaginata, guardando i tuoi gesti come un atto teatrale, per me avevi un senso, dentro, meraviglioso. Ti dico grazie per aver aperto le tue porte per me. Sei stata la prima, e non lo dimentico mai, la prima a salutarmi il secondo giorno di scuola, la prima a cercare la mia faccia così. Pensavo che non ci saremmo mai parlate davvero, e invece ti ho scoperta, come un regalo di Natale, simile, a volte uguale, è stato incredibile dirti che hai ragione, su tante cose, e che forse sono gli altri a non averci mai capito niente, lo penso da cinque anni, ma con te avrei potuto anche gridarlo. Vorrei dirti grazie per averci creduto, nonostante la mia faccia dicesse altro, e a volte ancora io tenda ad abbassare la testa davanti a te, perché mi sento minuscola e un po’ indifesa, come se tu fossi un gigante ed io lo gnomo. È sempre stato così, come durante quella mia prima festa della scuola, ricordo che ti guardavo mentre sedevi sul palco con la sigaretta tra le dita, ti arrivavo appena alle ginocchia, ero poco più che una bambina, ma se sono cresciuta è stato anche merito tuo. Lo so che non te ne sei nemmeno accorta, è normale. Probabilmente non ti sei accorta nemmeno di tutti quei momenti che ho raccolto, e che avrei voluto non finissero mai. Guardavo l’orologio e speravo che i secondi si fermassero, così, per qualche ora, per poterti parlare ancora e non vederti fuggire via per prima, al suono della campanella di scuola. Non ti sei accorta che a volte ti ho rincorso, sperando di salutarti prima che salissi in auto con lui. Ma ti dico grazie lo stesso, perché mi hai insegnato tanto. Ho scoperto che ci si può anche mostrare fragili, che è umano piangere, chiedere auto, quando te ne stavi nascosta dietro una maschera di ferro, nessuno ti cercava, ti aspettavano tutti, perché una storia eri riuscita a scriverla, ma quel romanzo non l’ha mai letto nessuno, ed io credevo semplicemente che fossi cambiata: che sciocca sono stata. Ci sono periodi che non conosco. Ci sono grazie che rivolgo a te senza motivo, perché in fondo molti grazie me li devi tu. Ho sempre fatto di tutto per aiutarti, ed è stato un anno di conquiste insieme, perché c’ero sempre per te, come avrebbe fatto un’amica: non sono importante, ma dietro questi cinque anni vorrei che tu potessi leggere la mia presenza leggera, a tratti invisibile, con lo sguardo a fissarti per minuti indefiniti, a immaginarti quando non c’eri. È che non sono mai riuscita a sostenere i tuoi occhi sulle spalle. Sono scappata quando la sola cosa che volevo era stare con te. Sono forse sbagliata, ma ti giuro che sono sincera, oggi, se ti dico grazie per tutto. Una volta ho pensato che avrei potuto parlarti, spiegarti chi sono, chi sono veramente, e non più quella con le poche amiche e una chitarra, no, dirti che cosa mi piace, quali canzoni ascolto, i miei film preferiti, ho pensato che ci saremmo incontrate per caso in un parco, ed io ti avrei presa per un braccio chiedendoti un minuto. Ora lo so che non accadrà mai. Non è così che la vita andrà avanti. Magari leggerai un giorno un mio libro di poesie, e tra le pagine troverai una ragazza riccia dagli occhi verdi che si stropicciava le mani, non so nemmeno se ti riconoscerai, se ripenserai a me, se capirai. Ricordo che un giorno mi hai detto che scrivo da Dio. Eri una delle poche persone che non ha mai smesso di credere in me, nella mia possibilità di costruire il futuro scrivendo, mi vedevi già giornalista, come mia madre, ed io nel mio cuore ho pensato che forse avevi ragione, forse stavo davvero buttando via tutto. Hai sempre avuto quella capacità di farmi dubitare. È stato grazie a te se ho riflettuto su tante scelte. Ma tante decisioni le ho sempre rimandate all’infinito, pensando che questo giorno non sarebbe arrivato mai. Non ti ho scritto un bel messaggio di auguri per il compleanno. Non ti ho fatto nemmeno un regalo di Natale. Perchè? Perché non ti ho detto grazie fin dall’inizio? Mi ritrovo adesso a ringraziarti senza logica, a spiegarti quanto grande sei, quanto avrei voluto condividere di più, dirti più spesso che sei bella, anche se vesti sempre di nero e lo smalto più chiaro che metti è un triste grigio. Non l’ho fatto. Ho sbagliato da sempre, lo so. Non ho combattuto abbastanza, e quando mi è sembrato di averti accanto ho lasciato che la bella favola svanisse, nel tempo di un’estate. Abbiamo commesso tanti errori, e maldestramente abbiamo cercato di porvi rimedio. Non lo so se ci siamo riuscite. La sola certezza che oggi porto con me è l’averti conosciuta, con gli sguardi e i silenzi, in quelle impercettibili occasioni che per me valevano come giornate. Ho la certezza che a te devo tanto. E non so se potrò mai rimediare a tutte quelle bugie, quelle frasi non dette, quei sogni chiusi a viva forza in un cassetto, ma ti auguro il meglio, ti auguro di laurearti in ingegneria meccanica, è il tuo desiderio più grande, anche se io non lo capisco. Ma non siamo tutti sensati e razionali. Ti auguro di continuare ad essere felice, come lo sei adesso, di trovare le persone giuste, che sappiano riconoscere il cuore grande che porti, ti auguro di non stare mai male, perché la sola cosa che meriti sono tanti giorni di sole. Sei magra magra, ma non ho avuto in questi giorni nemmeno il coraggio di dirti di mangiare: non fare cavolate. Ti voglio bene, anche se non sembra. Ti voglio un bene gigantesco, anche se a volte sembra che io abbia paura. Ti ricorderò sempre, e ti ringrazio ancora, sul punto di dirti addio, perché in fondo ci rivedremo agli esami, e infine in Grecia. Fa’ buon uso della vita che hai. Te la meriti. Fa’ buon viaggio. Mi mancherai da morire. 

7 pensieri su “Un’ultima lettera

  1. A volte un lieto fine arriva di colpo. Perché è il momento giusto. Ed è tutto ancora più speciale.
    Le storie di noi umani sono strambe e mastodontiche insieme. Soprattutto quando sembra il tempo dell’addio. 🙂

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