Storia di come ho preso la patente – Francesca, grazie

Sei mesi circa, e ho preso la patente. Ci sono stati sacrifici, ci sono stati momenti in cui ho pensato di non farcela, ci sono state paure, preoccupazioni, soddisfazioni, tanti ricordi che alla fine di questo viaggio vanno sommandosi, e devo ammettere che non è mai stato così bello imparare. Prima la teoria, le lezioni ogni sera, quel rivedere vecchi compagni delle scuole medie e conoscerne di nuovi, a volte ridere, altre volte non capire niente, o non ricordare le risposte giuste o sbagliate. Poi l’esame, e infine la pratica. E con Francesca é stato tutto incredibile. Perché ha saputo prendermi, nel mio difficile modo di presentarmi, timido, complicato, in certi giorni intrattabile, ha saputo capirmi, e dire la cosa giusta al momento giusto. Speravo con tutte le mie forze di completare il percorso con lei. È una persona particolare, si potrebbe dire eccentrica, anche se veste spesso di nero, una persona che ha voglia di ridere, e ha voglia che rida anche tu. Credo che abbia dato tanto e abbia tanto da dare nel suo ruolo, negli insegnamenti e nel suo farti sentire sicura, sicura di te stessa, una cosa che in pochi sono riusciti a fare con me. Spiega la teoria come fosse un romanzo, è un manuale noioso e lei riesce a trasformarlo in qualcosa di stranamente piacevole, comprensibile perché ogni sua frase comincia con “Il concetto base è che“. Con lei ho imparato tutti i concetti base, e me li ricordo, a distanza di sei mesi, me li ricordo tutti. Francesca ha saputo tranquillizarmi sempre, e venirmi incontro quando la mia fretta di guidare era tanta, ma senza sbagliare mai di un passo, senza lasciarmi quella libertà che avrebbe potuto diventare pericolosa, per me. Non sgrida, Francesca, non urla, non sembra arrabbiarsi mai. Ogni suo rimprovero é carico di una gentilezza materna, buona, come se fosse un semplice invito a non sbagliare, e non c’è stata volta in cui io abbia visto sul suo viso due occhi freddi, perché ho sempre trovato qualcosa di dolce, anche nelle giornate più nere. Ho guidato male, a volte, ho fatto degli errori, ho ascoltato e poi ho sbagliato di nuovo, ma lei ha ben chiaro chi siamo, tutti noi che sediamo al volante per le prime volte. Sa le emozioni che ci pervadono, sa che siamo confusi, spesso impegnati, spesso determinati ma a tratti spaventati, ma sa anche parlare con noi. Nel criticare, ci mette l’ironia e la durezza, in un frullato di parole che ti restano dentro, ma non riescono ad offenderti davvero. “Sembri spastica”, “Sei metereopatica”, “Sei un po’ sfasata”, me le ricordo tutte. Ma ricordo anche quando si parlava assieme, in macchina, durante le lezioni di guida, si parlava di tutto, di cibo, di università, di ingegneri, di persone che nessuna delle due saprebbe definire o comprendere, erano chiacchiere volanti, così leggere che uscivano dal finestrino, ma in un modo o nell’altro hanno colmato dei vuoti. Sentirò un poco la mancanza di tutto questo. In fondo sono stati sei mesi importanti, di salita, sei mesi in cui non ho mai smesso di entrare e uscire da quella autoscuola, e non ho mai smesso di incontrare Francesca, di aspettarla in auto e portarla in giro, mi mancherà un po’ tutto, perché era parte delle mie settimane. É stata fantastica, in tutti i sensi. È stata fantastica quando mi ha dato fiducia, é stata fantastica quando mi ha fatto capire che forse ero fin troppo sicura di me, è stata fantastica quando é riuscita a farmi credere in me stessa, con le sue sole parole, ed è stato fantastico salutarsi, nella fretta, e promettersi di incontrarsi di nuovo. Sei mesi non sono pochi. E sono una persona che si affeziona facilmente, ho scoperto da poco di non essere la sola, e sì, tornerò a trovarla. Presto, forse domani. Tornerò per dirle grazie, per farle capire che il suo lavoro è stato speciale, per augurarci reciprocamente il meglio, anche se abito a cinque minuti dall’autoscuola. Non si dimenticano quelle strade percorse assieme, e la sua presenza forte al mio fianco, anche il giorno dell’esame. Non si dimentica che in fondo ho affidato me stessa a lei per sei mesi, e alla fine ce l’ho fatta, ho vinto quella battaglia che tanto volevo vincere, ma io vado avanti e lei ricomincia da capo. Penso che forse sarò solamente una delle tante infinite allieve passate tra le sue mani, chissà se si ricorderà di me, ma di certo io mi ricorderò di lei. Mi ricorderò tutto, quelle serate a lezione di teoria, quelle guide alle quattro, alle cinque del pomeriggio, e quando ha deciso che mi avrebbe riaccompagnata a casa, perché lei è così, lei ti fa sperimentare. Ma in auto con lei non ho mai avuto paura. Nemmeno il giorno dell’esame. Non conoscono questo lavoro, non ho idea di quanto difficile sia, non conosco nessun altro eccetto Francesca, ma sono certa che lei sia brava. Brava perché ogni persona ha le sue aspettative, i suoi dubbi, le sue capacità, e lei sa mettere a frutto tutto questo, con una pazienza e una semplicità che ho trovato in pochi. Sì, un poco mi mancherà. Sono stati in fondo sei mesi bellissimi. È strano pensare di non dover più uscire, due volte a settimana, e raggiungere l’autoscuola, aspettare di salire in auto, sistemare la giacca sui sedili posteriori, e poi partire. È strano pensare che sia finito, pensare che non ho più bisogno di Francesca, dei pedali nel lato del passeggero, di qualcuno che mi dica come si svolta a sinistra, e in caso di bisogno afferri le mie mani sul volante. È strano, e mi sembra quasi troppo presto. E dicevano che l’ultimo anno del liceo sarebbe stato speciale… È stato anche questo. In mezzo a quella montagna di esperienze, c’è stata anche Francesca.

Grazie di tutto, per questo lungo viaggio, in cui ho imparato a camminare, prima tenendoti per mano, e poi correndo via. Sulla tua macchina arancione, con la sigaretta fuori dal finestrino.

[Ancora una volta, pubblicità a: Autoscuola Santa Viola di Bologna]

2 pensieri su “Storia di come ho preso la patente – Francesca, grazie

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