Domanda della settimana 

Ve lo siete mai domandati?

Una conoscente di mio padre sta perdendo la vista. Vi siete mai domandati che cosa si prova? Io sì. Mi sono chiesta che cosa voglia dire pensare che presto non vedremo più nulla, nessun colore, nessuna forma, nessun viso. Solo un indefinito spazio nero in cui si muovono corpi, emozioni, soffi di vento che avranno un diverso sapore. Penso a che cosa voglia dire guardare giorno dopo giorno un mondo destinato a scomparire, un mondo che non sarà mai più come l’avevamo conosciuto. Ed è brutto, terribilmente ingiusto. Penso a quanta rabbia possa provare questa persona, con tanti anni ancora da vivere e la prospettiva dell’oscurità a cui nessuno, davvero, nessuno è abituato. Ed è ancora peggio perdere la vista dopo aver amato questo mondo per i suoi spettacoli naturali, doverlo lasciar andare via senza poter afferrare un ultimo tramonto, o l’orizzonte che si confonde con l’azzurro del mare. E l’amore? Cambierebbe tutto. Cambierà tutto. Amore a prima vista: un paradosso, una presa in giro. Come poter dire “come sei bello”, senza aver conosciuto l’anima? I colori diverranno profumi, suoni, sapori, sensazioni al tatto che fanno drizzare i peli sulle braccia. La primavera sarà il canto degli uccelli, le temperature miti, i passi del bambino che corre a raccogliere le margherite, e i prati saranno neri, il cielo, il sole, tutto un riquadro oscuro che non lascia trasparir speranza. E l’alba, sarà scura come la notte, indistinguibile nel suo silenzio e nella sua apparente magia. Mi sono domandata con quale coraggio accettare tutto questo. E perché accade, perché a volte la vita sembra chiuderci in una gabbia desolata, con una porticina nascosta in un angolo, tanto difficile da trovare? É strano pensare che la fortuna è solo una questione di attimi, centimetri, totale casualità. A volte sembra quasi accanirsi su una persona, e probabilmente nessuno capirà mai i meccanismi che regolano le ingiustizie, forse nemmeno esistono, e siamo soltanto tutti naufraghi nello stesso mare. Ma più penso a quella donna, più mi chiedo di quanta forza avrà bisogno, ogni giorno, e quanto dolore proverà vedendo il mondo sbiadirsi senza poter più lanciare quell’occhiata viva che un tempo poteva anche sostituire le parole. Niente più sguardi, niente più silenzi parlanti, niente più abbracci a distanza. E i libri, non parleranno più di uomini ed eroi, saranno carta, soltanto pagine vuote dal profumo di nuovo, e racconteranno un’altra storia, quella del giorno in cui il libro lo avrà comprato, per ricordare che un tempo a casa aveva la libreria piena. I film, come guardare lo schermo nero, ascoltare le voci, sognare i volti dei protagonisti, magari alcuni noti, senza riuscire a scorgere le rughe e i capelli bianchi che il tempo porta con sé? Penso a quanto debba essere difficile accettare tutto questo. Chissà se ci si riuscirà mai. E penso a quella donna, rapinata di un pezzo della sua vita e dei suoi giorni, costretta al buio dopo aver visto la luce. Eppure qualcosa mi dice che avrà la forza di andare avanti. É così. Non ci sono spiegazioni razionali, eppure un mondo in cui hanno spento la luce è pur sempre il nostro mondo. Ci viviamo. E se si arrendono gli occhi, non dobbiamo arrenderci noi. Ma ci avete mai pensato? Avete mai pensato a che cosa voglia dire essere ciechi? Imparare a uscire di casa da soli senza perdersi, riconoscere le cose con il tocco delle dita, suonare uno strumento senza uno spartito davanti, fare sport quando nessuno lo immaginerebbe mai. Essere ciechi è diverso, ma non vuol dire essere tristi. Penso sia soltanto un peso, una valigia da portare sempre con sé.  

Ma voi ci avete mai pensato?

12 pensieri su “Domanda della settimana 

  1. Io ci ho sempre pensato. A 12 anni, a causa di una malattia, sono rimasta cieca per qualche giorno, poi ho ricominciato a vedere, conservando però una forte miopia che, a detta del medico, doveva essere progressiva fino alla cecità. Non fu così, rimasi solo miope e con l’aiuto degli occhiali ho potuto condurre una vita normale. Ora che sono vecchia, miopia e presbiopia si compensano, non vedo benissimo ciò che è lontano, in compenso leggo senza occhiali. So che il problema potrebbe ripresentarsi e allora ripenso una suora cieca dalla nascita, conosciuta quando io ero bambina, lei suonava il pianoforte e l’organo. Lavorava a maglia, bastava che qualcuno le facesse toccare i gomitoli e le dicesse di che colore fosse la lana, in seguito lei riconosceva i gomitoli e i colori al tatto. Era sempre allegra, cantava come un angelo. Oggi ci sono più mezzi e strumenti per ovviare alla cecità o a altre menomazioni, molte di più di quando io ero bambina.

    • Sei stata fortunata, tanto! Purtroppo ci sono anche queste malattie… la suora di cui parli dovrebbe essere un esempio per molti, di come si possa vivere ed essere felici nonostante tutto… da ammirare 🙂
      Un abbraccio!

  2. Ci penso spesso. Tutte le volte che davanti a casa mia, passeggiano una ragazza ,che conosco, con la mamma cieca….e ascolto, con ammirazione, quando le descrive il paesaggio circostante. È come un pittore che prende un tubetto di colore dalla tavolozza e inizia a dipingere la tela. In quel caso, rappresentata dagli occhi di sua mamma. E non solo vi traccia pennellate dalle mille sfumature, ma aggiunge particolari ai quali io, sinceramente, a volte non ci faccio neanche caso……E la signora cieca, aggrappata al braccio della figlia, sorride e ogni tanto fa un cenno di assenso con la testa. Come a dire :” Ok, riesco quasi a vedere”.
    Non so come reagirei ad una tale notizia. All’inizio sarebbe devastante. Ciò che più mi farebbe star male, è dimenticare il volto delle persone che amo e non vedere come sarebbero da grandi i miei figli….
    Neda ha ragione quando parla di scienza, ma purtroppo per alcune malattie degenerative, non c’è ancora soluzione.

    • Che belle mamma e figlia, mi sembra quasi di immaginarle… purtroppo è difficile, penso che anch’io ci starei molto male, i volti delle persone care sono una certezza e con la cecità scomparirebbero… ma non bisogna mai arrendersi 🙂
      Un abbraccio!

  3. Ti lascio un mio pensiero.
    Quando mi sono svegliata dal coma, non vedevo, un velo grigio; il giorno dopo ho iniziato a vedre solo macchie scure, la mia testa ancora non ragionava a pieno ritmo e ho pensato solo>”Come farò senza il colore?” , poi mi sono riaddormenata per dieci ore; al risveglio ho iniziato a vedere sfocato, ombre deformate erano le persone che mi stavano accanto, sentivo le loro voci in lontananza e non capivo, quindi per me tutto era confusione; al sesto giorno i miei occhihanno iniziato a mettere a fuoco un po’ di colore e mio fratello mi ha detto”Mi vedi?” E io ho risposto”Sei verde?” e lui “Sono alineo?” e ho pensato che non avrei più visto; per fortuna così non è stato e ho gioito, perchè il mondo andrebbe visto oltre che ascoltato. Ma una persona che conosco e non vede dalla nscita, ora a 70 anni, mi ha sempre detto che lui vede con le mani e il naso e il cuore, pensa che riesce a capire se un tessuto ha le righe fine o larghe…e lì mi arrendo. Lui non è triste, non è arrabiato, non è scontento.
    Vive.

    • Una testimonianza di cui ti ringrazio, davvero 🙂 Esperienze del genere si ricordano e purtroppo spesso fanno paura… sono d’accordo, il mondo andrebbe visto, ci sono emozioni impagabili in cui tutto è silenzio e siamo soli, ecco, queste emozioni secondo me non le puoi provare senza vedere… ma chi é cieco dalla nascita, ho sempre pensato, ne sente meno la mancanza, perché non le ha mai provate… diverso è chi lo diviene durante la vita purtroppo…

  4. Senza la vista mi sentirei perso.
    Ho gli incubi di poter diventare cieco, la mi è proprio una fobia.
    E poi ti accorgi di persone non vedenti che suonano, cantano, passeggiano, e fanno le paraolimpiadi.

  5. Ci ho pensato due volte, quando i miei gatti hanno deciso di graffiarmi proprio l’occhio. Sono stata bendata per un periodo, ma con l’altro occhio vedevo…
    Le mie più grandi passioni sono leggere, fotografare e guardare film, mi sono chiesta cosa farei… Come e quanto dovresti cambiare, accettare, ridefinirti e adattarti…
    Non lo so davvero come si fa.
    Mi sono sempre detta che la cosa peggiore credo sia diventare ciechi che non esserlo dalla nascita, perché sai davvero cosa perdi.
    Alla fine della paura e della tristezza però penso a chi un modo lo trova. Forse é un mondo un po’ difficile perché maggiormente visivo, ma credo che in qualche modo sia possibile.
    Sviluppare l’immaginazione, farsi guidare da un cane (loro sono formidabili) e fidarsi. Imparare forse anche qualcosa in più. Imparare a usare meglio gli altri tuoi sensi per compensare, imparare cosa possono darti e forse non riuscire mai a sostituire del tutto la sensazione della vista, ma trovare il modo di viverla come un’esperienza, imparare il braille, ascoltare e immaginare di più e meglio.
    Mi piace quello che scrive fulvialuna1, bisogna credo imparare il come e continuare a vivere.

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