Baci, cuoricini, le cassette delle lettere che rigurgitano le cosiddette “valentine”, coppiette che colonizzano i parchi, le panchine, le fontane. Insomma, esplode l’amore. Un po’ di storia? La festività religiosa risale al, udite udite, 496! Le tradizioni moderne sono riconducibili invece al basso medioevo, con un personaggino non da poco di nome Geoffrey Chaucer. E di qui tutta una tradizione sull’amore, probabilmente partita dallo stupore per un’incremento dell’accoppiamento degli uccelli, e diffusione consequenziale di ormoni. La più antica “valentina” sopravvissuta alle intemperie risale addirittura al quindicesimo secolo, e fu scritta da Carlo d’Orléans, all’epoca, poveraccio, detenuto nella Torre di Londra dopo la sconfitta alla battaglia di Agincourt del 1415 (fonte: l’insostituibile Wikipedia). Scrive Carlo a sua moglie: Je suis desja d’amour tanné, ma tres doulce Valentinée. Traduzione per gli analfabeti? Sono già malato d’amore , mia dolcissima Valentina. Una di quelle tragedie Shakespeariane sul mal d’amore che si trascinano dietro le lacrime di tutta la popolazione femminile mondiale. Certo, ora le cose sono diverse. I biglietti sono diventati un guadagno fisso per il mese di febbraio, prestampati, prescritti, solo da firmare e pronti per essere spediti. A scrivere su Whatsapp ci si mette quasi più tempo, il che è tutto un dire. Ma forse ora come ora si apprezza più una bella scatola di cioccolatini, magari i Baci Perugina, quelli che dentro hanno tutti i bigliettini con le frasi sdolcinate tratte dai romanzi, che le donne, io per prima, collezionano (ora vogliono fare le confezioni dedicate agli aforismi di Fedez, edizione speciale). Oppure un bel fiore, una rosa rossa, che quelle le vendono ai semafori senza problemi, altro che lavavetri! Insomma, San Valentino è un problema. È un problema perchè alla fin fine quelli davvero felici sono pochi. Magari lui non c’è, è via, lontano, in tirocinio in Groenlandia, poveretto, manco retribuito! Oppure lei ha un altro, ed è la volta buona che la cosa viene fuori. Oppure semplicemente lui o lei non si sono mai dichiarati, e quella è una tortura. Ma perché poi? Perché logicamente l’amante tanto sognato è fidanzatissimo, quasi prossimo al matrimonio, e per San Valentino si scambiano platealmente degli anelli da ottocento euro che valgono quanto il pranzo di nozze. E magari noi siamo ancora davanti alla nostra “valentina” bianca, tutta da scrivere, perchè per noi è troppo facile comprare quelle già pronte. È un bel gesto, non c’è che dire. È solo che io, con San Valentino, ho qualche conto in sospeso. Forse che gli unici cioccolatini che ricevevo erano da parte di mio nonno? O magari che per strada gli innamorati camminano con le bocce incollate, che sembra c’abbiano messo dell’attack. Sì, sarà per questo. Mi imbarazza. Mi sembra di vagare dentro ad un film per dodicenne in piena fase di sconvolgimento ormonale, se capite cosa intendo. Però quest’anno la mia valentina l’ho scritta. Faccio parte di quei topi di biblioteca che aspettano la festa dei single il 15 febbraio, però l’ho scritta.
Amore mio,
Le rose sono rosse, lo so perché le ho appena comprate da un buon uomo che m’ha fermato mentre uscivo dal giornalaio. Leggo la data sul giornale e… ma è oggi! Così ho comprato una rosa, ma ancora non ho trovato il coraggio di dartela. Le viole sono blu, perchè mentre tornavo a casa ho dato una craniata contro ad un palo che mezza città ha voltato la testa dall’altra parte per ridere in pace. Dolce è lo zucchero, ma non quanto sei tu. No, sicuramente. Tu non sei dolce. Non sei solo un cucchiaino di zucchero. Tu sei ben di più, caspita! Sei amara, un chicco di caffè, un tronco di liquirizia, sei acida come un limone, sei aspra come un mandarino acerbo, sei ruvida come il tronco di un albero, sei attraente come una tavoletta di cioccolato, anche nascosta da Banderas nel pane, va bene lo stesso. Ecco, tu sei un miscuglio di sapori indefinito, uno di quei frullati che ti spacciano per “La creazione dello chef”. Oggi è San Valentino, e invasa dall’amore che quasi copre lo smog e distingue il palazzo davanti a me, ti dico che ti amo. Ora non posso più scrivere altro, nel biglietto che ho comprato non c’è tanto posto, ma io tendo sempre a comprare dei rettangolini grandi quanto una narice come biglietti, quindi ti.
No, non è un errore. Sì, è veramente finita così la mia “valentina”. Ah, dite che se sono single c’è un motivo? (Ogni offesa o ingiuria nei commenti sottostanti sarà cancellata. I soggetti colpevoli saranno segnati nel libro nero in attesa di vendetta).
Buon San Valentino!
quindi ti…
… ti spezzo le gambe se non capisci che ti amo (troppo violenta)
… ti bacio con il pensiero (troppo platonica)
… ti aspetto ma sbrigati (troppo diretta)
… ti lascio con i puntini di sospensione così continui tu la frase come meglio preferisci
È esattamente questo il ragionamento che ci sta dietro 😛